Loving Vincent, un viaggio che profuma ad olio

di Martina Baroni

   In questi giorni di reclusione forzata, tra le cattive notizie del telegiornale e la malinconia della solitudine ho deciso di ricavare un piccolo spazio giornaliero alla bellezza, così da fare in modo che il tempo passi un po’ più in fretta. A cose normali di questi tempi non mi sarei mai potuta permettere di dedicare un pomeriggio alla visione di un bel film o alla lettura di un libro, ma perché non approfittarne adesso che di tempo ce n’è così tanto? In ogni caso mi sarebbe piaciuto poter trovare qualcosa che conciliasse questo mio scopo al programma scolastico che, da maturanda, devo sforzarmi di seguire e approfondire il più possibile…   

   Non del tutto a caso mi sono dunque imbattuta nel capolavoro cinematografico Loving Vincent (tradotto in italiano come Con affetto, Vincent). Si tratta di un film diretto e sceneggiato da Dorota Kobiela e Hugh Welchman nel 2017 e prodotto dalla BreakThru Production in collaborazione con la Trademark Films, sulle fondamenta di una meravigliosa collaborazione polacco-britannica. Il lungometraggio, della durata di circa un’ora e mezza, spicca per il suo essere interamente realizzato grazie all’animazione di una serie di più di 60.000 tele completamente dipinte a mano da un gruppo di più di 100 artisti provenienti da tutto il mondo.

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C’è ancora spazio per sognare

di Leonardo Martini*

   È vero, all’inizio ha titubato. È stata lenta, è andata in affanno. Apparsa più come matrigna che mamma, l’Europa nelle prime battute di questa vicenda ha toppato ed è sembrata di nuovo un’enorme occasione persa, forse quella decisiva per infrangere l’idea. Proviamo però ad allargare un po’ l’orizzonte: immaginiamoci tra 20-30 anni su un libro di storia. Leggeremmo che l’Europa, dopo una prima settimana di assestamento, fu l’ancora di salvataggio e la guida per i suoi componenti verso l’uscita dal dramma. Ecco, quella settimana misurata col tempo necessario per uscire da una pandemia ci sembrerebbe un miracolo e valuteremmo prodigioso l’operato dei vari commissari, presidenti, ministri ed amministratori.

   O meglio, presidentesse. Sì, perché vere protagoniste di questa impresa dovranno essere due signore e questo, personalmente, mi rincuora. A muovere le leve fiscali, economiche e politiche dal vertice della Commisione abbiamo la tedesca Ursula von der Leyen, sessantenne, politica di lungo corso molto vicina ad Angela Merkel, europeista convinta che da subito ha messo in chiaro le cose:” faremo tutto il necessario per sostenere gli Europei e l’Europa”, sulle orme del continental-popolare Mario Draghi.  A capo della BCE, per stabilire quanta nuova moneta stampare e quanto proteggere i titoli di Stato, italiani in primis, troviamo Christine Lagarde: classe 1956, parigina, avvocatessa, nella prima dichiarazione dall’inizio dell’emergenza ha dato l’impressione di lasciare a sé stessi i paesi più in difficoltà facendo crollare le borse di tutto il mondo e creando una crisi di fiducia.

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Vietato spengere il cervello!

   di Irene Stefanini

Nella nostra società globalizzata le prestazioni che sono richieste sono sempre più alte. Partendo dall’infanzia fino alla vecchiaia attraverso mezzi di comunicazione, pubblicità e spettacolo, si viene bombardati costantemente da ideali di perfezione e felicità, difficilmente raggiungibili nella vita di tutti i giorni; ci mandano modelli stereotipati per i quali bisogna essere magri, belli, felici e con una bella macchina o una casa sempre in ordine, andando in palestra e uscendo la sera con gli amici; al contrario però nella quotidianità ci è richiesto di lavorare sempre, non avete mai un momento libero e non stare mai male. Le pubblicità sono l’esempio più eclatante: si susseguono quelle degli aperitivi dove si vedono solo persone felici che si divertono a quelle dei medicinali che al primo accenno di malessere ti fanno stare subito meglio.

   Tutti questi messaggi entrano nella mentalità dei bambini fin da piccoli che, sottoposti alle pressioni, spesso o crescono troppo in fretta o al contrario non crescono mai: così si è arrivati ad una nuova generazione di adolescenti dove si affiancano eterni Peter Pan che non si preoccupano delle conseguenze e agiscono come se fosse l’ultimo loro giorno ad adulti in miniatura che sotto il peso delle richieste del mondo vengo sopraffatti. Pure gli anziani subiscono questa condizione, rifiutando così il naturale processo di invecchiamento: come la donna di Pirandello, i nostri vecchi si atteggiano ancora a ragazzini, credendosi invincibili e giovani, non fermandosi mai e sottovalutando i segni del tempo che avanza sul loro corpo e sulla loro salute.

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Pensare prima… e guardare avanti!

di Margherita Azzi

   Passerà anche l’emergenza coronavirus e come tutte produrrà le sue retoriche. Quella che esalterà la solidarietà e l’abnegazione dimostrata e quella opposta, a evidenziare improvvisazione e divisioni. Da secoli funzioniamo così. Intanto però, come nelle guerre, qualcuno avrà pagato di più. Questa emergenza mostra infatti una volta ancora – ce ne fosse bisogno – la nostra superficialità, la difficoltà che abbiamo nel produrre e applicare in tempo utile politiche pubbliche chiare, adeguate e coerenti.

   È una storia antica, appunto, che però la nostra reattività necessaria a rispondere alle sfide della contemporaneità sta insopportabilmente evidenziando. Diciamolo: il mondo intero, l’Europa e il nostro paese, avrebbero potuto e dovuto farsi trovare più preparati: conoscenze e tecniche per rispondere a un’emergenza di questo tipo esistono, ma troppo poco si è fatto.

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