Referendum: assalto alla democrazia

di Alessandro Rosati

“È così che muore la libertà: sotto scroscianti applausi”

   I più attenti fan di Guerre Stellari, alias Star Wars, avranno sicuramente riconosciuto una citazione del terzo film dell’immortale saga ideata da George Lucas.

   Nella scena in questione della pellicola il Cancelliere Palpatine, l’antagonista per antonomasia nel mondo galattico, aveva appena dichiarato la nascita dell’Impero e ovviamente sancito la fine della Democrazia. Tutto ciò era avvenuto con la piena approvazione del Senato e sotto gli occhi impotenti della senatrice Padmé, il personaggio che appunto pronuncia tali parole.

   “Tornando” sulla Terra, è legittimo chiedersi perché mai sia stata tirata in ballo la pur meritevole saga di Lucas.

   Con quasi il 70% di favorevoli, si è finalmente concluso il Referendum Costituzionale che aveva occupato le prime pagine dei giornali nelle ultime settimane. Quasi all’unanimità gli Italiani hanno scelto di confermare la legge sul taglio dei parlamentari. I seggi del Parlamento diminuiranno quindi da 945 a 600, arrivando a contare circa 1 rappresentante per ogni 100mila abitanti e portando le statistiche in linea con gli altri Paesi Europei.

Come se le finanze e l’amministrazione di un paese si limitassero a un sia pur utile rapporto matematico, che però rimane tale. Di certo non si aumenterà la spinta Europeista di cui l’Italia ha bisogno, né tantomeno si sanerà la spaccatura creatasi con i paesi del Nord Europa.

   È vero, le casse Italiane hanno risparmiato la “gravosa” cifra di 57 milioni di Euro netti, che corrispondono allo 0,012% della spesa nazionale annua.    Per fare un esempio Il Recovery Fund (il piano di sovvenzione straordinario messo in campo dall’UE) garantisce all’Italia 80 miliardi di euro a fondo perduto: una cifra mastodontica rispetto a quella modesta dovuta al taglio. Considerando poi l’intera popolazione Italiana, che si aggira attorno ai 60 milioni di individui, si calcola facilmente il risparmio pro capite: meno di un euro.

   Un occhio di riguardo anche alle piccole regioni come il Molise, adesso rappresentate in Parlamento da un numero irrisorio di deputati (da poterli contare sulle dita di una mano).

   Eppure, alla luce dei fatti e nonostante gli “scroscianti applausi” del popolo Italiano, sembra che non ci siano vincitori, ma solo vinti.

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Una cattedrale in fiamme, il cristianesimo e l’Europa

di Alessandro Vannucci

Una cattedrale in fiamme, il cristianesimo e l’Europa

di Alessandro Vannucci

   Il 18 luglio alle 7 e 45 del mattino la cattedrale di Nantes è stata avvolta dalle fiamme, fortunatamente la struttura non ha subito grandi danni, mentre l’organo è andato perduto.  La Cathédrale Saint-Pierre-et-Saint-Paul de Nantes è ricordata per il suo stile gotico ed è il risultato di oltre 450 anni di lavoro, dal 1434 al 1891. Già in passato, negli anni settanta, fu colpita da un incendio che la devastò parzialmente: le fiamme allora furono causate da un operaio addetto alle riparazioni sul tetto, il quale aveva erroneamente appiccato il fuoco con una saldatrice.

   La cattedrale ritornò ad essere praticabile per il culto 13 anni dopo. Agli occhi della polizia, l’episodio dello scorso luglio risulta diverso rispetto a quello del 1972, infatti secondo le forze dell’ordine il custode Emmanuel A. sarebbe il responsabile.

   L’uomo, rifugiato ruandese, trentanovenne, in Francia dal 2012, avrebbe appiccato l’incendio per vendicarsi contro la diocesi e contro lo Stato del mancato rinnovamento del visto. Il colpevole si trova ora in detenzione preventiva e rischia una condanna di 10 anni con una multa di 150000 euro.   

   Grazie alla confessione del guardiano, gli investigatori hanno potuto ricostruire le dinamiche del reato: l’uomo avrebbe posizionato 3 cariche, 2 a terra, ai lati dell’altare, e l’altra una decina di metri sopra, al livello dell’organo del 17esimo secolo, resistito anche ai saccheggi della rivoluzione, ma andato perduto nell’incendio. Elemento chiave, per le indagini, è stata la mail di rabbia inviata alla diocesi, che Emmanuel aveva spedito dal suo computer. Le critiche non si sono fermate al colpevole, ma hanno raggiunto anche le cariche dello Stato, accusate di non avere preservato i monumenti religiosi, dal momento che 87 cattedrali, tra cui quella di Nantes, mancano di sistemi anti incendio.

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Caso Blake: il problema non è solo la polizia

di Alessandro Rosati

   Da qualche giorno gli Stati Uniti sono tornati sotto i riflettori e gli occhi di mezzo mondo si sono proiettati nelle terre a stelle e strisce, più precisamente nel Wisconsin. La causa? Un altro abuso di potere da parte della Polizia, ancora violenza.

   È di una settimana fa la notizia che Jacob Blake, afroamericano di 29 anni, è stato colpito da sette pallottole nella schiena. A sparargli è stato un agente, che nel vedere l’uomo dirigersi verso la propria auto ha deciso di svuotare il caricatore della sua arma nella spina dorsale di Blake, che adesso è in ospedale, paralizzato, mentre gli Stati Uniti, e soprattutto il Wisconsin, si rivoltano di nuovo. Il Black Lives Matter è tornato alla ribalta, dopo aver diminuito la sua intensità rispetto ai giorni immediatamente successivi la morte di Jorge Floyd. Mentre le piazze Statunitensi si riempiono, l’Europa e il resto del mondo rimangono a guardare, chi compiaciuto e chi meno.

   L’appoggio alle proteste arriva dai social, Instagram su tutti. Gli utenti mostrano il loro sdegno con emoticon di ogni tipo, ma il meglio di sé lo danno con un post, un Instagram stories o un hashtag: elementi “imprescindibili” di una rivolta dalle proporzioni mondiali. D’altro canto che un mese fa molti si fossero già dimenticati del caso Floyd non ha importanza: adesso sono lì a sostenere la causa, chi per moda o chi perché ingenuamente crede di poter cambiare qualcosa. Sono i primi a riferire notizie decontestualizzate e prive di reali informazioni, ma allo stesso tempo sono sempre i primi a lamentarsi della strumentalizzazione dei media. Questa però è un’altra storia: è l’ipocrisia della nostra società. La stessa ipocrisia che ci porta a far diventare virale un video di un uomo quasi ucciso da 7 colpi di arma da fuoco, così che tutti, anche i bambini, vedano e tocchino con mano la violenza, la sperimentino dai primi albori di vita agli ultimi sfuggenti attimi di essa. Nessuno si accorge però che la violenza genera violenza e l’odio porta solo altro odio. Nessuno si è accorto che il problema non è soltanto la polizia e la soluzione non è solo una riforma giudiziaria (ce ne aveva parlato Conrad Torsello in un’intervista https://www.leviagravia.net/dentro-le-proteste-intervista-a-conrad-torselli/), ma le cause (e conseguentemente le soluzioni) vanno ricercate più a fondo.

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