Il mondo della traduzione raccontato da Isabella Blum

Un’intervista alla traduttrice italiana di alcune opere di Oliver Sacks e di altri autori.

A cura di Silvia Barsotti

 

Silvia Barsotti – Per prima cosa vorrei chiederle in quale modo ha deciso di avvicinarsi al mondo della traduzione, so che è un ambito molto sottovalutato, al quale non viene data l’importanza che a parer mio gli spetterebbe. Proprio per questo sono curiosa di cosa la abbia spinta ad entrare a farne parte, se è stata consigliata o indotta da qualcuno o se l’ha fatto di sua spontanea volontà.

Isabella Blum – Domanda interessante, entriamo subito nel vivo. In che misura l’immagine di una professione, il suo «prestigio» percepito, attira le persone, le spinge ad avventurarcisi? Dalla mia attuale prospettiva, a posteriori, quell’immagine non dovrebbe contare affatto. A spingerti a imboccare una strada dovrebbe essere quanto quella strada effettivamente ti attrae, quanto ti interessa. Ti piace fare X? E allora fallo. Provaci. E comunque, se io avessi effettuato la mia scelta affidandomi anche a una valutazione del «prestigio», non avrei avuto alcuna esitazione. In casa, da bambina, ho sempre sentito parlare di traduzione come di un’attività di alto profilo, importante, interessante. C’era una carissima amica di mio padre e mia madre che era un’importante traduttrice di romanzi. Quindi sono cresciuta vedendo lei, il suo mondo, il suo lavoro – e di conseguenza il tradurre libri in generale – come un’attività bella, importante, attraente. La consapevolezza che invece, in alcuni ambiti, la percezione del tradurre fosse diversa, diciamo più problematica, l’ho avuta dopo, quando avevo già cominciato a lavorare. Dall’interno, e non dall’esterno.

Resta da dire come sono entrata in quel mondo. All’università io ho studiato biologia, mi stavo preparando per una carriera da ricercatrice. La mia idea sarebbe stata, all’epoca, di restare a lavorare all’università, ma era un momento in cui gli spiragli per i giovani in ambito accademico erano veramente prossimi a zero. E siccome io avevo bisogno di lavorare, feci domanda per essere assunta in una casa farmaceutica. Mi fissarono un colloquio, andò bene e mi presero a lavorare con loro: non nel settore ricerca, però, bensì in quello della produzione dei testi scientifici relativi ai prodotti dell’azienda. In pratica, mi occupavo per otto ore al giorno di traduzioni e scrittura (sono stati anni in cui ho imparato moltissimo, sia sul piano scientifico, sia su quello della comunicazione e della scrittura/traduzione). E così sono entrata in quel mondo: il mondo di una traduzione scientifica molto tecnica. Poi da lì mi sono spostata verso il campo editoriale, e verso tipologie di testi ugualmente densi, ugualmente ricchi di scienza, ma di tutt’altra natura – la saggistica scientifica.  Ed è stato un gran bel colpo di fulmine. Leggi tutto “Il mondo della traduzione raccontato da Isabella Blum”

Incontri

di Lisabetta Raffaetà

 

Le risate squillanti dei bambini, le grida delle madri che chiamano i propri figli, lo stridio dei gabbiani sulla spiaggia animano il bel paesino ligure di Lerici che si risveglia dal freddo inverno, accarezzata dai raggi del sole di maggio. Ormai è primavera inoltrata, periodo stupendo per chi abita nei posti marittimi, dove i bagliori della luce riflessa dal mare hanno sempre qualcosa di speciale.

I turisti qui non sono mai troppi e le passeggiate sulla spiaggia si trasformano in una passeggiata nell’anima e Perla adora camminare immersa nei suoi pensieri lungo quelle coste che la conoscono ormai da più di dieci anni. Le piace osservare ogni cosa, soprattutto i bambini che scorrazzano e che sembrano giocare con le onde del mare perché tutto la riporta indietro nel tempo a quando lei era una ragazzina.

Un sorriso affiora sul suo volto ma è un sorriso strano il suo, mai veramente dolce, mai sereno; forse lo stesso sorriso che quando era piccola nessuno capiva. No, in realtà solo Lale sapeva decifrarlo, sì Lale, il suo caro e forse unico amico cresciuto con lei in casa famiglia fino all’età di otto anni. Leggi tutto “Incontri”

Oltre la fisica, la filosofia prima

La metafisica e la fisica di Aristotele secondo Bertrand Russell

 

di Michele Puccini

 

La Storia della Filosofia Occidentale di Russell permette di avere un’ampia visione, unita ai commenti e alla visione dell’autore, sull’intera storia del sapere filosofico umano. Nello specifico Russell, nel capitolo 9, si sofferma proprio nell’analizzare Aristotele presentandolo in tutte le sue sfaccettature: sia dal punto di vista etico, che politico, che filosofico.

Russell riconosce, ovviamente, il grandissimo ruolo che ha avuto e sottolinea a più riprese come abbia profondamente cambiato il corso della storia ma nonostante ciò non gli risparmia diverse critiche: egli ritiene che con lui si abbia la fine del periodo del pensiero creativo del mondo greco e marca in vari modi come i suoi metodi di approcciarsi alla filosofia, che si distaccano molto dai predecessori, siano più vicini a quelli di un insegnante o di un saggista piuttosto che di un “profeta ispirato” come Socrate o Platone.

La sua autorità divenne talmente tanto indiscussa che provocò un enorme ostacolo al progresso conoscitivo, motivo per cui dovremo arrivare alla “Rivoluzione Scientifica” nel XVII secolo per poter mettere in discussione alcune sue tesi e poter avere un “nuovo inizio” nel campo della cultura. D’altra parte Russell riconosce però che se un altro contemporaneo di Aristotele avesse avuto la sua stessa fama e notorietà avremmo avuto difficoltà altrettanto importanti, se ancora più dure. L’unico modo, secondo lui, per rendere giustizia ad Aristotele è quello di scordarci sia dell’eccessiva fama che delle critiche che sono arrivate nei suoi confronti ed analizzare, proprio come ha fatto lui, nella maniera più obiettiva possibile i suoi scritti. Leggi tutto “Oltre la fisica, la filosofia prima”

In ricordo di una sempre nuova età dell’oro

 

di Isabel Bianchi

 

Publio Virgilio Marone fu uno dei letterati romani più celebri, vissuto fra il 70 e il 19 a.C., egli fu il membro più in rilievo del circolo letterario di Mecenate e si indentificò come cantore della magnificenza di Roma e della grandezza di Ottaviano Augusto, a cui fu strettamente legato per tutta la sua vita. Virgilio fu molto apprezzato dai contemporanei e, a differenza di alcuni autori come Lucrezio, egli fu stimato anche durante il Medioevo, in particolare venne identificato da Dante Alighieri come simbolo della ragione umana e delle sue più alte esecuzioni nella Divina Commedia.

Di Virgilio ci pervengono tre grandi opere: le Bucoliche o Ecloghe (composte fra il 42 e il 39 a.C.), il poema epico-didascalico le Georgiche (composto fra il 39 e il 29 a.C.) e il poema eroico l’Eneide (composto fra il 29 e il 19 a.C., rimasto incompiuto poiché la morte sopraggiunse).

In particolare le Bucoliche sono una raccolta di dieci carmi in esametri, quelli dispari sono mimici (dialoghi) e quelle pari sono narrativi,  a carattere bucolico-pastorale, infatti narrano le vicende di alcuni pastori che vivono o in Sicilia o in Arcadia; i pastori vivono in un mondo “fatato” e il ritmo della loro vita è scandito dalla natura, essi sono tranquilli e pacifici, trascorrono la loro esistenza prediligendo la completa assenza dalle passioni, soprattutto quelle amorose ( sembra proprio che i pastori seguano gli ideali dell’Epicureismo, la dottrina filosofica a cui Virgilio aderisce). Leggi tutto “In ricordo di una sempre nuova età dell’oro”