Le donne nella Costituzione italiana

 

di Lisabetta Raffaetà

2 Giugno 1946, sulle pagine del Corriere della Sera, quel giorno, risaltava un articolo dal titolo molto interessante: “Al seggio senza rossetto!”. Forse alle ragazze e alle donne di oggi questa frase potrebbe sembrare quasi provocatoria, ma nel 1946 le donne, immagino, furono ben contente di non mettere il rossetto per andare ai seggi perché questa era la loro prima volta in cui venivano chiamate a votare non solo in occasione del referendum tra monarchia e repubblica, ma anche per eleggere i membri della Costituente.

Sì, proprio così, quella Costituente che di lì a due anni, dopo un lungo lavoro, avrebbe dato vita alla Costituzione italiana. Noi donne moderne dovremo ringraziare quelle signore che andarono a votare, magari lasciando il rossetto nelle loro borse o a casa, per non correre il rischio di sporcare e annullare le schede elettorali che con le labbra andavano sigillate. Sicuramente non sono così grande da poter capire ancora del tutto gli eventi della storia, ma è intuibile che grazie alla partecipazione di milioni di donne al voto di quel famoso 2 Giugno, si riuscì ad avere una rappresentanza femminile all’assemblea costituente: di settantacinque membri eletti, ventuno erano donne. Ricordiamo Nilde Iotti, Maria Federici, Teresa Noce, Angelina Merlìn, Adele Bei…. Che nonostante i diversi orientamenti politici si trovarono unite e compatte nel portare avanti quello che alle donne più stava a cuore: la pari dignità. Leggi tutto “Le donne nella Costituzione italiana”

I bambini di Terezin nel giorno della memoria

di Lisabetta Raffaetà

Il giorno della memoria, il 27 Gennaio, è ormai un appuntamento a cui la coscienza di ogni essere umano non può più mancare. Tante sono le parole che ogni anno vengono spese per ricordare le atrocità compiute nei campi di sterminio, molte le immagini che ritroviamo sui giornali, alla tv, sui social media, immagini che da sole gridano: mai più!

Proprio in questi giorni, sono stata catturata in modo prepotente dalla storia dei bambini di Terezin. Parlare di bambini è sempre un argomento delicato e così struggente che a volte non vorremmo proprio credere che queste creature abbiano dovuto sopportare e subire disumani soprusi.

Quello che voglio raccontare oggi però è la forza, il coraggio, e la voglia di trovare bello e colorato anche in posti come il campi di concentramento, perché proprio in questo sta la forza dei bambini, i loro occhi e animi puri riescono a vedere la magia anche là dove c’è solo oscurità, disegnano, colorano e scrivono le loro emozioni su carte stracciate ma i colori e le parole li fanno sentire importanti, li fanno sognare e li fanno sentire vivi anche se sono perennemente circondati dalla morte. Leggi tutto “I bambini di Terezin nel giorno della memoria”

Dalla parte di chi combatte per la libertà

di Sara Bigongiari

Dopo la salita al potere di Mussolini, sempre più persone iniziarono a aderire agli ideali fascisti. Nel 1931 venne imposto a 1250 professori, provenienti da tutta Italia, di giurare fedeltà al regime fascista, ma solamente 12 rifiutarono. Tra queste dodici personalità erano compresi economisti, filosofi, scienziati e anche tre professori di discendenza ebraica. Il più giovane dei tre si chiamava Giorgio Levi della Vida.

Giorgio Levi della Vida nacque a Venezia nel 1886, da una famiglia ebraica assimilata non osservante, ciò significava che egli aveva origini ebraiche, ma non era né credente né praticante. Decise di dedicarsi agli studi di orientalistica e seguì i corsi di ebraico e di lingue semitiche, quelli di arabo e di epigrafia greca. Successivamente vinse una borsa di studio presso la Scuola archeologica italiana di Atene e in seguito per quella del Cairo. Dunque, riuscì a viaggiare molto, entrando in contatto con diverse culture e formando un proprio pensiero sul mondo circostante. Nel 1913 vinse il concorso per la cattedra di arabo all’ Istituto universitario orientale di Napoli, dove si stabilì per due anni e li frequentò la cerchia di Benedetto Croce, il cui rapporto sarà fondamentale e influenzerà le sue scelte negli anni a venire. Leggi tutto “Dalla parte di chi combatte per la libertà”

Il rifiuto di un grande criminologo

di Erica Lucchesi e Alissa Piconcelli

Nell’autunno del 1931, durante il periodo fascista in Italia, i docenti universitari furono obbligati a dichiarare fedeltà al Re, ai suoi successori e al regime, veniva chiesto loro di “esercitare l’ufficio di insegnante ed adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al Regime fascista.” Solo in 12 su 1225 si rifiutarono, perdendo la cattedra, il diritto alla pensione e alla liquidazione. Mario Carrara fu proprio uno di questi, non si piegò all’imposizione del regime, bensì si ribellò e per questo motivo venne privato della cattedra di Medicina legale, esonerato dall’insegnamento, dall’incarico di medico delle carceri e fu costretto a dedicarsi alla pratica professionale.

Nacque a Guastalla il 2 novembre 1866, fu un medico accademico, studiò Medicina a Bologna e qualche anno dopo collaborò con Cesare Lombroso, padre della moderna criminologia all’istituto di antropologia criminale a Torino e suo futuro suocero. Carrara insegnò Medicina legale all’università di Cagliari per poi tornare nella città piemontese ad occupare la cattedra lasciatagli da Lombroso poiché era passato all’insegnamento della psichiatria. Fu considerato uno dei massimi esperti italiani criminali, in quanto introdusse un nuovo metodo nella medicina legale: in un’indagine non bisognava più fermarsi solo all’aspetto tecnico e ai suoi accertamenti, ma anche su altre indagini e dimostrazioni che andavano a fondersi sulla formulazione di un giudizio. Nel 1904 divenne direttore del Museo di antropologia criminale di Torino che qualche anno dopo divenne l’archivio criminale ufficiale d’Italia. Diresse varie riviste come “archivio di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale“, si dedicò anche alla criminologia infantile pubblicando vari saggi come “Un museo per la criminalità infantile” e “I tribunali per minorenni a Monaco di Baviera” e tradusse alcuni volumi di medicina come “Diagnostica anatomo-patologica” di Johann Orth. Effettuò anche l’autopsia sul corpo dello scrittore veronese Emilio Salgari. Leggi tutto “Il rifiuto di un grande criminologo”