Mercanti e straccioni a Lucca nel XVI secolo

di Pietro Benedetti

Nella notte tra il 30 aprile ed il primo maggio 1531 gruppi di giovani tessitori variamente armati, sotto le insegne di un drappo nero stracciato (che darà il nome al movimento degli straccioni), scesero in strada per protestare contravvenendo alle norme della Repubblica che vietavano gli assembramenti, per giunta armati. Nel pomeriggio del primo maggio una folla di artigiani, setaioli e popolani si riversarono in gran numero in piazza San Francesco, nel centro di Lucca, per rivendicare l’abrogazione di alcune disposizioni normative che avevano modificato l’attività lavorativa del comparto della tessitura, attività che aveva una massiccia presenza di addetti e che costituiva il settore preminente dell’economia della Repubblica di Lucca; tale attività  le consentì di fatto, attraverso le esportazioni, di ottenere uno sviluppo economico capace di produrre elevati redditi, reinvestiti in attività finanziarie. Funzione questa che aiuterà la piccola Repubblica a mantenere la sua indipendenza, in considerazione della capacità di sostenere, attraverso prestiti, le richieste di grandi monarchie europee, imperiali e non.

Fin dalle prime pagine del suo saggio (La sollevazione degli straccioni. Lucca 1531. Politica e Mercato, Salerno editrice, Isola del Liri (Fr), 2020, pp.190) Renzo Sabbatini ci anticipa la spiegazione delle cause di questa rivolta che lui leggerà nella dialettica tra modernità (libero mercato) e conservatorismo (pace sociale). Brevemente l’autore contestualizza la situazione politico economica in cui avvengono i fatti.

La Repubblica di Lucca, governata da un’oligarchia di famiglie, strettamente connesse alle funzioni mercantili, accetta la proposta dei mercanti di apportare modifiche legislative tali da rendere i filati prodotti competitivi sui mercati europei. I mercanti lucchesi infatti svolgevano la loro attività in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Inghilterra fino all’attuale Polonia e stavano assistendo alla difficoltà di consolidare la loro presenza in quel mercato perché la concorrenza si realizzava incidendo sul valore dei prezzi. Leggi tutto “Mercanti e straccioni a Lucca nel XVI secolo”

Come si mangiava nel medioevo

di Alessandra Giuntoli

 

Come si mangiava nel medioevo? Questa è grosso modo la domanda cui risponde il libro di Maria Concetta Salemi Mangiare nel Medioevo (Sarnus edizioni, 2018). La risposta non può che prendere le mosse dai mercati cittadini, che fornivano agli abitanti sia alimenti come carne, pesce, latte, formaggi, frutta e verdura, bacche e legumi, sia utensili e strumenti vari come per esempio ferri vecchi, stoffe, cesti, pentolame, candele, legna, vetri e moltissimi altri oggetti.

Nell’età di mezzo era molto frequente incontrare viaggiatori e pellegrini che grazie ai loro lunghissimi viaggi avevano scoperto come riuscire a conservare il cibo più a lungo, cosa che era una necessità primaria, visto che non esistevano mi frigoriferi: i metodi più diffusi per la carne e il pesce erano la salagione, l’affumicatura, l’essiccazione, o sennò l’uso di una gelatina; per la frutta invece c’era lo zucchero, il miele e lo sciroppo di vino dolce.

In quell’epoca esistevano tantissimi cibi “della penitenza”, come per esempio legumi, cereali verdura e frutta; ma il più importante era il latte, che ereditava dagli antichi la fama di alimento pericoloso, “barbaro”. Ma c’erano pure cibi “del desiderio e del bisogno”, come il pane: bianco, morbido e ben lievitato per i signori che avevano lo stomaco delicato e invece scuro, pesante e rozzo ottenuto dai cereali per i poveri o per chi svolgeva lavori pesanti; oppure la carne, che era legata alla forza e al potere, ed essa equivaleva al grasso che indicava benessere, piacere e gioia. Leggi tutto “Come si mangiava nel medioevo”

La morte di Vittorio Bachelet

di Alessandro Rosati

Vittorio Bachelet

Otto colpi di pistola sparati da due pistole calibro 32: due colpi mortali alla nuca e al cuore. Così moriva quarant’anni fa Vittorio Bachelet, sulle scale dell’Università La Sapienza di Roma. Aveva appena terminato la lezione nell’Aula 11, quella dedicata ad Aldo Moro (ucciso due anni prima), quando si apprestava a tornare a casa dalla moglie Maria Teresa e dai figli Maria Grazia e Giovanni. Erano le 11:35 del 12 Febbraio 1980. Un ragazzo e una ragazza, entrambi poco più che ventenni, lo stanno aspettando. Lo vedono mentre sta parlando con l’assistente Rosi Bindi, nome che diventerà noto nella politica Italiana, lo raggiungono e sparano. Prima lei, poi lui. Otto colpi che non lasciano scampo al Professore, di cui quattro scagliati con il corpo già a terra agonizzante. Il panico si diffonde nei corridoi dell’università e tutti fuggono, compresi i due assassini. Tutto si ferma, compresa il dibattito che si sta tenendo nell’Aula Magna, ironia della sorte, proprio sul terrorismo. Ironia della sorte, sì, perché poco dopo arriverà uno di quei comunicati che gli Italiani avevano imparato a conoscere da una decina d’anni: “Siamo le Brigate Rosse, abbiamo giustiziato noi il professor Bachelet.” 

Leggi tutto “La morte di Vittorio Bachelet”