Come si mangiava nel medioevo4 min read

di Alessandra Giuntoli

 

Come si mangiava nel medioevo? Questa è grosso modo la domanda cui risponde il libro di Maria Concetta Salemi Mangiare nel Medioevo (Sarnus edizioni, 2018). La risposta non può che prendere le mosse dai mercati cittadini, che fornivano agli abitanti sia alimenti come carne, pesce, latte, formaggi, frutta e verdura, bacche e legumi, sia utensili e strumenti vari come per esempio ferri vecchi, stoffe, cesti, pentolame, candele, legna, vetri e moltissimi altri oggetti.

Nell’età di mezzo era molto frequente incontrare viaggiatori e pellegrini che grazie ai loro lunghissimi viaggi avevano scoperto come riuscire a conservare il cibo più a lungo, cosa che era una necessità primaria, visto che non esistevano mi frigoriferi: i metodi più diffusi per la carne e il pesce erano la salagione, l’affumicatura, l’essiccazione, o sennò l’uso di una gelatina; per la frutta invece c’era lo zucchero, il miele e lo sciroppo di vino dolce.

In quell’epoca esistevano tantissimi cibi “della penitenza”, come per esempio legumi, cereali verdura e frutta; ma il più importante era il latte, che ereditava dagli antichi la fama di alimento pericoloso, “barbaro”. Ma c’erano pure cibi “del desiderio e del bisogno”, come il pane: bianco, morbido e ben lievitato per i signori che avevano lo stomaco delicato e invece scuro, pesante e rozzo ottenuto dai cereali per i poveri o per chi svolgeva lavori pesanti; oppure la carne, che era legata alla forza e al potere, ed essa equivaleva al grasso che indicava benessere, piacere e gioia.

Nel medioevo qualunque persona che come mestiere faceva il cuoco aveva un quaderno con un o schema disegnato sulla copertina: questo raffigurava i quattro elementi che la scienza medievale aveva ereditato dall’antichità, e cioè terra, acqua, aria e fuoco: la terra rappresentava la carne, l’acqua il sangue, l’aria l’alito e il fuoco il calore. Ad ogni elemento venivano abbinati degli aggettivi che li caratterizzavano: freddo e secco come la terra, freddo e umido come l’acqua, caldo e umido come l’aria, caldo e secco come il fuoco, ognuno dei quali legato alla scansione temporale del giorno, dell’anno e della vita. Su tali basi venne poi elaborata una teoria medico-fisiologica secondo la quale tutto ciò che si mangia o si beve esercita la sua influenza sulla persona, di cui modifica il temperamento.

Nell’ambito della cucina la domanda più frequente che veniva fatta era quale fosse il metodo di cottura più adatto a correggere gli umori naturali del cibo; le carni venivano infatti cotte in vari modi diversi e invece i pesci dovevano essere fritti, tranne l’anguilla.

Gli elementi più importanti che venivano usati erano le grandi varietà di spezie che erano elemento di distinzione fra i piatti plebei e quelli riservati alle classi abbienti, e il sale, che invece in genere stava in una nicchia in alto accanto al camino, perché non si umidisse e perché era più prezioso rispetto alle spezie che erano poste in basso.

Nelle case dei contadini e degli artigiani la fonte di luce e di calore proveniva dal camino, che era posizionato al centro della stanza, dove si preparavano i pasti in una grande pentola appesa ad una catena o posto sulle braci dove in essa bollivano e ribollivano verdure e cereali, ortaggi e legumi, ma anche le carni che fornivano il brodo da riutilizzare in altri modi; il camino veniva utilizzato pure per cuocere torte e pasticci mentre il forno era solo per la cottura del pane.

All’epoca, quando venivano fatti i grandi pranzi, dove il tavolo occupava più stanze, i posti venivano assegnati per ordine di importanza decrescente, e il cibo veniva servito su dei taglieri, ognuno dei quali era calcolato per due persone; invece la carne veniva portata già tagliata in piccoli pezzi dove potevano essere aggiunte salse.

In fondo al libro sono presenti moltissime ricette molto simili alle nostre di oggi, perché molte abitudini alimentari che abbiamo derivano in fondo proprio dalla cultura gastronomica del medioevo. Per gli aperitivi, ad esempio, c’era l’insalata di cipolle, crostini o spiedini di frutta; per i primi c’era il brodo di ceci o la minestra di pesce; per i secondi c’erano uccellini allo spiedo o pollastro arrosto, oppure pesce e molluschi, come seppie, salmone, merluzzo, tonno o sogliole. Le salse erano varie e di diversi colori: c’era salsa gialla, la salsa azzurra o la salsa di more. Infine, come dolce, si poteva per esempio degustare del marzapane o una crema di prugne selvatiche.

 

Maria Concetta Salemi, Mangiare nel medioevo. Alimentazione e cultura gastronomica nell’età di mezzo, Sarnus edizioni, 2018.

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