Roberto Baggio: Il poeta errante

di Lorenzo Gerardi

Il sogno di un bambino che ama il calcio, che spera un giorno di poter calpestare con i suoi scarpini l’erba degli stadi internazionali, quelli dove non hai solo la tua famiglia o le famiglie dei tuoi compagni a vederti giocare ma le persone di tutto il mondo, comincia a Caldogno, un piccolo paese in provincia di Vicenza di circa dieci mila abitanti: lui si chiama Roberto, per tutti è il piccolo Roby, che ama giocare a pallone sia nei campi che per le strade, senza limiti ne confini.

La sua è una famiglia umile, lui è il sesto di otto fratelli e decide di iniziare a inseguire il suo sogno nel suo paese. Roberto non era un bambino come gli altri a giocare a calcio, aveva qualcosa in più, quella spensieratezza e abilità nel gioco che non si vedeva facilmente nei ragazzi delle squadre provinciali, così venne chiamato dalla squadra del Vicenza, la sua prima vera esperienza professionistica all’età di 17 anni.

Roberto era un ragazzo timido ma dal sorriso tenero e veniva visto con un occhio di riguardo da tutte le società italiane anche importanti che militavano nella serie A. Così fu acquistato dalla Fiorentina nel 1984. Ma quell’anno fu un anno di paura e sgomento per lui e per la sua famiglia, a causa della rottura del legamento crociato e del menisco rimediato durante una partita. Il grande prodigio si era fermato e tutti, compreso lui stesso, capirono che quella sarebbe stata la fine di un sogno, che da un infortunio così grave a 18 anni non si poteva riuscire ad arrivare ad alti livelli nel mondo del calcio. Leggi tutto “Roberto Baggio: Il poeta errante”

Maradona: l’essere del calcio se n’è andato

Di Alessandro Rosati

Maradona è stato un semidio del calcio. Con la palla un dio, senza palla un uomo.

Quando pochi giorni fa Paulo Roberto Falcao, straordinario centrocampista degli anni ‘80, ha pronunciato questa frase, ha probabilmente descritto nel miglior modo possibile cosa è stato Maradona.

Maradona innanzitutto è stato gioia. È stato sorrisi sui volti dei grandi, stupore negli occhi dei più piccoli, magia sul prato verde: un fenomeno passato sulla terra per insegnare il calcio nella sua forma perfetta. Un talento del genere sulla terra non si era mai visto. Quando negli anni ‘80 prenota di diritto il trono sull’Olimpo del calcio, i meno giovani possono ancora ricordare le gesta di un altro fenomeno: O Rey Pelé. Il Brasiliano però ha giocato sempre e solo in patria, troppo difficile fare un confronto. Maradona invece è lì, in mezzo alla gente, a rivelare il calcio. 

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Jamie Vardy, il bomber della gente

di Alessandro Rosati

   Dai monti del South Yorkshire, in Inghilterra, scende placido il fiume Don che con le sue anse eleganti attraversa la Contea e la città di Sheffield. La calma del corso d’acqua però si scontra inevitabilmente con lo scenario da Rivoluzione Industriale della stracittadina. Sheffield è famosa in tutto il Regno per la produzione di acciaio e ciò non può che implicare una caratteristica peculiare e forse non molto nobile: la presenza di industrie (e non poche). Tra palazzi moderni sbucano stabilimenti metallurgici, meccanici, metalmeccanici e chi più ne ha più ne metta.

   Proprio qui, nel rumore assordante dell’industria, lavora un ragazzo di vent’anni. È il 2007. Quel ragazzo guarda e maneggia i suoi attrezzi industriali con la meccanicità di un operaio, ma i suoi occhi sognano già la fine della giornata e ciò che lo aspetta: due porte, un pallone e un campo d’erba, forse. Già perché magari neanche il manto erboso ricopre quei 100 metri di magia, ma a lui va bene lo stesso: l’importante è giocare a calcio. Scordatevi i prati perfetti, le interviste e i milioni, perché il calcio dilettantistico sarà anche passionale ed emozionante, ma è terribilmente crudele. Dopo una giornata di lavoro infatti, ad aspettare quel ragazzo ci saranno i suoi compagni, il mister, qualche pallone e il freddo aspro dell’inverno Inglese.

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L’Italia pazza e geniale di Euro 2000

di Alessandro Rosati

   Correva l’anno 2000, in radio impazzava Ops I did it again di Britney Spears e l’Italia era in corsa per la finale dei primi Europei del nuovo millennio. Il 29 Giugno l’Amsterdam Arena è un pallino arancione in mezzo alla capitale Olandese: i quasi 55mila posti dell’attuale Johann Cruijff Arena sono occupati quasi completamente da sostenitori degli Orange, che immaginano già Berkgamp e compagni contendersi il titolo in finale con la Francia.

   Dopo 34 minuti Zambrotta viene espulso per doppia ammonizione: gli Azzurri sono già in 10 uomini. Per l’Olanda la strada è in discesa, forse. Eppure quel giorno quella compagine col tricolore cucito sul petto decise di incidere i propri nomi nella leggenda.

Sarà un tiro al bersaglio verso la porta difesa dall’Italiano Toldo, ma il numero 12 della Nazionale abbasserà la saracinesca cosicché Maldini e Cannavaro non dovessero mai raccogliere il pallone in fondo alla rete.

   È la serata di Francesco Toldo, ai posteri la leggenda della semifinale di Euro 2000.

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