26 aprile 1986, un monito all’umanità: la catastrofe di Chernobyl.

di Martina Baroni

26 aprile 1986.

Ore 1:23:46 del mattino. È una nottata serena, una nottata come un’altra. Nei dintorni, tutto tace.

In un momento, un boato.

Un’esplosione.

Un fascio di luce azzurra si staglia nel cielo scuro. Da Pripyat, tutti guardano increduli fuori dalle finestre, qualcuno esce sui balconi, qualcuno per strada.

“È uno spettacolo bellissimo”.

Era uno spettacolo bellissimo quel fascio di particelle nucleari che brillava nel cielo blu profondo, producendo un affascinante alone azzurrino. Si sparse subito la voce che quell’alone era dovuto ad un incendio alla centrale nucleare, ma sicuramente non era niente di grave. Non poteva essere niente di grave.

Nessuno aveva idea, al tempo, che quello “spettacolo bellissimo” sarebbe diventato il loro peggiore incubo.

Nessuno aveva idea che quello “spettacolo bellissimo” avrebbe fatto sì che migliaia di persone dovessero essere sfollate nell’arco di centinaia di chilometri. Nessuno aveva idea che tumori di vario genere si sarebbero moltiplicati esponenzialmente nel giro di pochissimo tempo.


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Il 25 Aprile in tempi di Covid-19

di Alessandro Rosati

   L’Italia si appresta a vivere il 25 Aprile probabilmente più anomalo della sua storia. Ogni anno nella data della Liberazione Italiana dall’occupazione nazista, con conseguente fine della guerra, la penisola si tinge con il tricolore e le piazze si riempiono. Un’occasione buona per ritrovare un senso di unità che troppo spesso va perduto. Da Nord a Sud per le vie sfilano cortei, vengono organizzati discorsi e manifestazioni e decine, centinaia, migliaia di sconosciuti si ritrovano a cantare e ballare insieme sulle note delle stesse canzoni.

   Il 75° Anniversario di quel 25 Aprile 1945 sarà però diverso. L’emergenza Coronavirus renderà infatti impossibili gli assembramenti e le piazze dunque rimarranno vuote. Il lockdown non fermerà però le celebrazioni, che attraverso i canali più svariati avverranno comunque.  “Ci sono ugualmente i nostri cuori partigiani e antifascisti” – dice la Presidente dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), Carla Nespolo, in un’intervista a Repubblica. Canali Tv e radio, giornali, Facebook diventano dunque il mezzo per raccogliere il grande abbraccio degli Italiani.

   Nel suo piccolo la Provincia di Lucca, più precisamente il Comune di Capannori, ha deciso di aderire al 25 Aprile in forma “virtuale”. Con la partecipazione di diverse associazioni, tra cui la sezione dell’ANPI di Lucca e L’Istituto Storico della Resistenza, e attraverso il canale Youtube del Comune di Capannori tutti potranno vivere la Festa della Liberazione.

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Quarantine and time, a perfect combination to get into boredom

di Lorenzo Pollastrini

   With the oncoming of the covid-19 virus and the beginning of the pandemic, we had to give up our ordinary lives and embrace a more discreet routine, often very dull and plain. We lost the conception of time, mixing up different days, not being able to make out in which one we did something in particular, because of the fact that all our actions seem exactly the same, repeated over and over with, apparently, no end.

   We have found ourselves in a quite scary scenario, just in a few weeks. We thought that something that broke out in China, a far-off country, could not reach us, but it managed to cover that distance very quickly. The stories that we used to read or watch on tv, narrated to us by different dystopian authors now happen to be true. But we don’t have to panic, everything will eventually work out sooner or later. We have to stay positive, no matter the situation.

   With this being said, I wanted to draw your attention to the fact that most of us take lots of ideas or our routines for granted. We believe that everything will stay the same, and we’ll always live the same ordinary things and events that used to happen when we were really free. We started losing the value of the things we took for granted, we lived not appreciating as we should what we have in our lives: relationships, places we can go, the freedom to travel, the freedom to stay with other people and so on. Now, that we have lost many aspects of our daily life: the freedom to travel, meeting other people, living together sharing spaces with others, seeing your loved ones, your relatives, the people you love, being afraid of going out, or hugging your grandparents or relatives.

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I mostri secondo Jim Jarmusch

di Pietro Phelan*

   Affrontare la permanenza forzata a casa non è senz’altro un compito semplice e gli stimoli per la nostra mente sono sempre più difficili da trovare. Da qualche settimana a questa parte, l’eventualità di cadere in un’asfissiante monotonia intellettuale è sempre dietro l’angolo, rischiando di far sembrare ancora più opprimente e insostenibile questo particolare periodo delle nostre vite. In molti accusano il fatto di non sapere come impiegare il tempo e in che modo trascorrere le lunghe giornate casalinghe che siamo “costretti” ad affrontare quotidianamente. Ma, in questo periodo più che mai, bisogna resistere alla tentazione di spegnere il cervello e rassegnarsi alla monotonia della quarantena. Tenere allenata la nostra mente, proporle stimoli sempre nuovi e originali, farla lavorare alla ricerca di nuove interpretazioni e idee originali, sono alcuni fra i migliori rimedi per evitare una lenta e inevitabile alienazione in se stessi.

   In questo senso, il cinema rappresenta uno degli strumenti più efficaci a nostra disposizione. Nelle sue espressioni più alte, questa forma d’arte riesce a stupire sia per i contenuti di cui si fa portavoce, sia per ciò che propone dinnanzi ai nostri occhi. Il cinema è un’unione inscindibile di parola e immagine, di forma e contenuto, che si distingue dalle sue arti “sorelle” per il fatto di proporre immagini catturate da un occhio mai fisso ma costantemente in movimento e in grado di offrirci molteplici punti di vista, ovvero la macchina da presa. E quando l’opera cinematografica è grande, ciò che possiamo trarre da essa è tanto un piacere estetico derivato dalla sua contemplazione (lo stesso che ricaviamo dall’osservazione di un eccezionale dipinto), quanto una nuova prospettiva sul mondo che ci circonda.

   Nelson Goodman, grande filosofo delle forme artistiche, pensava che un’opera d’arte potesse essere definita “grande” nella misura in cui essa fosse risultata “illuminante” per la nostra concezione del mondo. Un grande film, dunque, è quello che ci fa vedere cose che in precedenza avevamo tralasciato, che ci offre nuove e originali prospettive su tematiche già affrontate e che riesce a trasformare, anche solo parzialmente, la concezione dell’ambiente in cui viviamo.

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