Questione di responsabilità

di Irene Stefanini

   Che sia colpa dei giovani sconsiderati o degli adulti poco attenti non è importante: il problema del COVID-19 sta tornando ad invadere le nostre strade, a disturbare le nostre vite. I numeri continuano a salire di giorno in giorno e la situazione problematica presente mesi fa si sta ripresentando senza sconti. I bollettini giornalieri, offerti dal Ministero della Salute, ripresentati poi dai vari giornali e notiziari, sono chiari ma molto spesso “artefatti” per dare un certo taglio alla notizia; infatti, per esempio, da quando il numero dei contagiati è di nuovo in crescita si torna a considerare il numero dei guariti, preferendo evitare di riferire invece le terapie intensive. Anche il numero di tamponi effettuati, e il suo rapporto con quello dei risultati positivi, è stato molto discusso. Facendo ben attenzione e prendendo qualche appunto si potrà notare come i test effettuati nel weekend e nei giorni immediatamente successivi sia solitamente più basso di quello di metà settimana; conseguenzialmente anche il numero di contagiati è tendenzialmente minore.

   Sebbene l’Italia sia tra i paesi meno critici e vi si effettuino molti tamponi giornalieri, di più rispetto ad alcuni nostri vicini europei, il confronto con le situazioni a noi limitrofe non è costruttivo: per uscire da questa pandemia bisogna fare il riscontro solo su sé, guardarsi internamente e cercare di risolvere le problematiche; concentrarsi su altri, confrontarsi con chi è messo peggio di noi solamente per sentirsi meno in difetto, è solo un modo per adagiarsi ed evitare di fare i sacrifici che servono. Bisognerebbe smettere di distogliere lo sguardo da ciò che conta davvero: la salvezza del nostro paese e dei nostri cittadini.

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Cambiamo noi, per cambiare il mondo

di Francesco Andolfi*

   Frenesia. Una brama smaniosa e irragionevole. Il suo oggetto? Tutto. È la spada di Damocle che pende sulle teste delle nuove generazioni. È l’erronea consapevolezza del mondo, che chiunque può credere di avere grazie ad internet e che ci lascia in eredità la fame. Quell’avidità nella crescita, quella cupidigia di voler fare tutto, subito.

  Quest’emergenza però ha cambiato qualcosa, perché quella consapevolezza che ci illudevamo di avere del mondo era irreale.  Magari c’è chi ha sempre dato peso ai problemi di chi sta male veramente, ma provarli sulla propria pelle è un’altra cosa. Eppure non è questo che volevamo? Non era essere grandi? Non era fare parte della storia? Non era avere un’idea di cosa accade nel mondo?

   E ora, se crediamo che questo sacrificio di stare in casa possa risolvere tutto, stiamo commettendo nuovamente lo stesso errore, ci stiamo illudendo un’altra volta. Come dopo un terremoto c’è da ricostruire le case, dopo il coronavirus dovremo fare sforzi ben maggiori di quelli che facciamo adesso.

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Il COVID-19 e l’annullamento di me stesso

di Abramo Matteoli

   Sto scorrendo Instagram. Tanto non ho di meglio da fare, neanche volendo.
   Dico sul serio, se fosse il 24 marzo del 2020 e tu vivessi in Italia, mio caro lettore, probabilmente anche tu non avresti niente di meglio da fare, a meno che tu non sia un dottore, un infermiere o Giuseppe Conte (anche se in quel caso, forse vorresti avere del tempo per scorrere Instagram). In ogni caso, dopo qualche Story inutile dove troneggia l’inutile hashtag “#iorestoacasa” (manco fosse un’impresa eroica, e non un semplice dovere imposto dallo Stato, diamine), mi si para davanti un post di @dailystoic, account che solitamente riesce a tirarmi su propinandomi massime di pensatori stoici talmente grandi e stimati che mi fanno sentire inferiore anche solo le prime sillabe dei loro conosciutissimi nomi (sarà per questo che ho sempre sentito un’ancestrale avversione verso la coscienza di Zeno?).

   Il post in questione, stavolta, non cita però nessun grande stoico del passato, bensì espone un’iniziativa che la pagina ci teneva a proporre a tutti i suoi followers: una challenge che invita impiegare il tempo in modo produttivo. Per rendere il tempo “vivo” e non “morto”. Per investire su noi stessi durante questo periodo di quarantena piuttosto che passarlo passivamente, ammazzando ora dopo ora utilizzando qualsivoglia distrazione come arma del delitto.

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Pensare prima… e guardare avanti!

di Margherita Azzi

   Passerà anche l’emergenza coronavirus e come tutte produrrà le sue retoriche. Quella che esalterà la solidarietà e l’abnegazione dimostrata e quella opposta, a evidenziare improvvisazione e divisioni. Da secoli funzioniamo così. Intanto però, come nelle guerre, qualcuno avrà pagato di più. Questa emergenza mostra infatti una volta ancora – ce ne fosse bisogno – la nostra superficialità, la difficoltà che abbiamo nel produrre e applicare in tempo utile politiche pubbliche chiare, adeguate e coerenti.

   È una storia antica, appunto, che però la nostra reattività necessaria a rispondere alle sfide della contemporaneità sta insopportabilmente evidenziando. Diciamolo: il mondo intero, l’Europa e il nostro paese, avrebbero potuto e dovuto farsi trovare più preparati: conoscenze e tecniche per rispondere a un’emergenza di questo tipo esistono, ma troppo poco si è fatto.

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