Amy March: antagonista o eroina della storia della piccole donne?

Di Alice Da Prato

Amy March, da molti conosciuta con il volto di Florence Pugh, è un personaggio primario del romanzo divenuto poi film, Piccole donne di Louisa May Alcott.

Prima della rappresentazione cinematografica del romanzo dell’Alcott, molti consideravano Amy March l’antagonista della storia, una ragazzina che fin dai primi anni dell’infanzia si dimostra viziata e permalosa, che arriva persino a bruciare il romanzo di sua sorella Jo per una stupida ripicca.

E diciamoci la verità, a molti non va giù il fatto che sia stata proprio lei a sposare il bel vicino di casa Laurie, al posto della sorella maggiore Jo, con la quale il ragazzo aveva avuto una storia in passato.

Insomma, descritta in questo modo la piccola Amy sembra proprio avere tutte le carte per essere odiata.

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Il mito della caverna di Platone spiegato da Tim Burton

di Alice Longhi

Grazie al suo inconfondibile stile gotico, che riesce ad essere leggero e romantico, ma allo stesso tempo macabro e malinconico, Tim Burton è ormai uno dei registi più noti degli ultimi decenni.

I personaggi da lui rappresentati sono vicini a quella che è la sua persona: chiuso e solitario, emarginato dalla società per il suo essere strano e inusuale.

Tra le sue fonti di ispirazione artistica troviamo il cinema espressionista degli anni ‘20, le opere dell’autore Edgar Allan Poe, la corrente artistica del surrealismo, ma anche diverse opere letterarie e filosofiche. Leggi tutto “Il mito della caverna di Platone spiegato da Tim Burton”

Realismo e fiaba, povertà e dignità nel cinema di Vittorio De Sica

di Lucia Barsocchi

   Ladri di biciclette e Miracolo a Milano sono due film memorabili. Al di là della trama, ciò che colpisce profondamente nel primo è il neorealismo che lo caratterizza. In questo film la maggior parte degli attori non sono professionisti, bensì sono persone ordinarie e normalissime e questo crea un impatto senza dubbio enorme sullo spettatore. Al giorno d’oggi in ogni film tutto ciò a cui assistiamo è completamente costruito e artificioso (forse anche fin troppo); al contrario in questi due film la realtà è distinguibile, la naturalezza di ogni scena è toccante. Anche i luoghi e le ambientazioni sono parti costitutive della materia drammatica che ci offre De Sica, sullo schermo la realtà riportata non è un’imitazione della stessa, ma è la verità, è autentica e amara.

Miracolo a Milano è diverso: la realtà non viene ritratta con così tanta drammaticità e intensità, viene invece descritta con molta più allegria e spensieratezza; è importante però tenere a mente che nonostante le vita di queste persone venga raccontata con ironia e tranquillità ciò non significhi che sia più ‘leggera’: non a caso il neorealismo prevale ancora, gli attori sono sempre persone comuni che hanno vissuto in quel reale contesto, i loro volti sono scolpiti dal loro vissuto ed esperienza. Leggi tutto “Realismo e fiaba, povertà e dignità nel cinema di Vittorio De Sica”

Tanto pe’ scrive, cento anni di Nino Manfredi

di Alessandro Rosati

Questo è un articolo scritto tanto pe’ scrive, insomma pe’ fa quarchecosa. Un po’ come tanti del resto. Capita di mettersi seduto alla scrivania, digitare velocemente sulla tastiera e d’improvviso sentire quell’impulso immediato e inarrestabile di voler dare un senso a quel fiume di parole che scorre impetuoso in testa. In mente, un motivo simpatico e orecchiabile. Recita più o meno così: “Tanto pe’ cantà, perché me sento un friccico ner core…”.

È una celebre canzone di Nino Manfredi (anche se originariamente fu composta dall’inarrivabile Ettore Petrolini), che ne fece un suo cavallo di battaglia, sempre che ne avesse bisogno. Perché, diciamocelo, Manfredi non ha forse la stessa gloria di altri attori del secolo scorso, eppure è stato eccezionale quanto e più di loro.

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