Le donne nella Costituzione italiana7 min read

 

di Lisabetta Raffaetà

2 Giugno 1946, sulle pagine del Corriere della Sera, quel giorno, risaltava un articolo dal titolo molto interessante: “Al seggio senza rossetto!”. Forse alle ragazze e alle donne di oggi questa frase potrebbe sembrare quasi provocatoria, ma nel 1946 le donne, immagino, furono ben contente di non mettere il rossetto per andare ai seggi perché questa era la loro prima volta in cui venivano chiamate a votare non solo in occasione del referendum tra monarchia e repubblica, ma anche per eleggere i membri della Costituente.

Sì, proprio così, quella Costituente che di lì a due anni, dopo un lungo lavoro, avrebbe dato vita alla Costituzione italiana. Noi donne moderne dovremo ringraziare quelle signore che andarono a votare, magari lasciando il rossetto nelle loro borse o a casa, per non correre il rischio di sporcare e annullare le schede elettorali che con le labbra andavano sigillate. Sicuramente non sono così grande da poter capire ancora del tutto gli eventi della storia, ma è intuibile che grazie alla partecipazione di milioni di donne al voto di quel famoso 2 Giugno, si riuscì ad avere una rappresentanza femminile all’assemblea costituente: di settantacinque membri eletti, ventuno erano donne. Ricordiamo Nilde Iotti, Maria Federici, Teresa Noce, Angelina Merlìn, Adele Bei…. Che nonostante i diversi orientamenti politici si trovarono unite e compatte nel portare avanti quello che alle donne più stava a cuore: la pari dignità.

L’articolo 3 della nostra Costituzione cita:

Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà è l’uguaglianza dei cittadini.

 

Questo articolo ha veramente dentro di sé una potenza tale che quasi non ha bisogno di commenti, sembra l’articolo perfetto per un mondo perfetto, basterebbe seguire i dettami di questa norma per vivere in un mondo non razzista, non discriminatorio e giusto. Questo articolo ha un valore universale, tocca tutti quei temi difficili e particolari che spesso travolgono le società, come i problemi di razza, di religione e di discriminazione sessuale. I padri costituenti sicuramente si concentrarono anche su un altro tema fondamentale per l’uomo: il lavoro, perché è proprio il lavoro, come viene citato negli articoli 35 e 36 che permette agli uomini e alle donne di condurre un’esistenza libera e dignitosa per se stessi e per la propria famiglia. È proprio il lavoro che va tutelato in tutte le sue forme e anche il lavoratore merita di essere considerato tale e non sfruttato o sottopagato come spesso è avvenuto in passato. Un’attenzione particolare viene data alla donna lavoratrice nell’articolo 37, dove si sottolinea che se pur donna ha gli stessi diritti e le stesse retribuzioni che spettano ai lavoratori maschi. Si sottolinea che la donna pur lavorando, deve riuscire a conciliare e a proteggere la propria famiglia e in questo articolo i padri e le madri costituenti sembrano mostrare un occhio particolarmente sensibile anche ai giovanissimi, si stabilisce per la prima volta il limite minimo di età per il lavoro salariato proprio per evitare quella piaga tremenda che da secoli era lo sfruttamento minorile.

Sicuramente il suffragio universale avvenuto in Italia, se pur tardi, nel 1945, ha dato modo alle donne di poter far sentire ancora più forte la loro voce e le loro richieste. I tempi sicuramente erano maturi, le donne insieme, negli ultimi quarant’anni avevano già cominciato a ribellarsi alle dure condizioni di lavoro a cui erano sottoposte nei campi e ai salari bassissimi che ricevevano. Esempio eclatante furono le “Mondine”, lavoratrici stagionali nelle risaie del Piemonte.

Ogni anno in questa regione giungevano ragazzine, donne e anziane per lavorare due mesi con i piedi nudi, nel fango fino alle ginocchia, per dodici ore chine sui campi a piantare il riso e a pulire le erbacce. Dal 1906 al 1908 le mondine compatte iniziarono una serie di scioperi per ridurre l’orario di lavoro da dodici a otto ore e dopo due anni di trattative riuscirono a ottenere la riduzione dell’orario di lavoro. Il 30 Giugno del 1927, 10000 mondine scioperarono nel vercellese per difendere il proprio salario che da vent’anni non veniva aumentato, ma che anzi rischiava di essere diminuito e non dimentichiamoci che il lavoro delle donne nei campi era già pagato meno di quello dei braccianti. La vita delle donne era sicuramente dura, le conquiste avvenivano troppo lentamente, ma la loro caparbietà e la loro resilienza è servita da esempio alle generazioni future e di sicuro anche i sacrifici di donne come le mondine erano ben impresse nella mente delle donne costituenti.

L’Italia dei primi quarant’anni è sicuramente un’Italia che ha dovuto fare i conti con le donne perché tra la prima e la seconda guerra mondiale circa un milione di italiani erano morti al fronte e le loro figlie, le loro madri, le loro mogli, hanno preso il loro posto nei campi, nelle fabbriche, nella famiglia. Proprio in questi anni donne nate da famiglie normali che arrivano ad avere una posizione importante nel lavoro per la loro bravura e spirito instancabile, costruirono qualcosa di grande e di importante.

Pensiamo all’imprenditrice Luisa Spagnoli che nel 1907 con alcuni soci fondò una piccola azienda con sede nel centro storico di Perugia: la Perugina, con soli 15 dipendenti. Con lo scoppio della prima guerra mondiale rimase solo la signora Spagnoli con i figli ma trasformò la piccola azienda in una manifattura con più di cento dipendenti che altro non erano che le mogli degli uomini al fronte. La signora Spagnoli da donna, da madre e da datrice di lavoro, capì le esigenze delle sue lavoranti, quindi per far sì che meglio rendessero sul lavoro, fondò un asilo nido all’interno della fabbrica in modo che le madri potessero passare alcune ore con i figli per allattarli e custodirli.

Le donne che lavoravano sapevano che avevano bisogno di essere tutelate, per questo il diritto di voto   era indispensabile. La grande pedagogista Maria Montessori già nel 1906, in un articolo di giornale esortava le donne a presentarsi davanti ai seggi, perché ottenere il diritto di voto era il primo passo per dar voce alle loro esigenze. Ben settantasei anni sono passati dalla creazione della Costituzione italiana e l’articolo 3, l’articolo 37, 35…mi appaiono tutt’ora, la cosa più giusta che uomini, donne, lavoratori e lavoratrici possono leggere all’interno di uno statuto. Sono attuali, veritieri e purtroppo toccano ferite della società ancora aperte. Forse, questi articoli andrebbero letti più spesso e applicati alla realtà giorno dopo giorno, perché seppur tante conquiste sono state fatte dai lavoratori e dalle lavoratrici c’è ancora molto da fare soprattutto nel mondo del lavoro femminile. Sempre più donne sono presenti in ogni campo della vita costituzionale, in politica, in economia e nel mondo culturale, ma i numeri rispetto al mondo maschile sono nettamente inferiori, purtroppo non è ancora abbastanza, le donne devono tornare ad essere combattive e caparbie.

Se do uno sguardo all’ultimo ventennio, ho come la sensazione che il terreno conquistato  si faccia sempre più fragile, i femminicidi degli ultimi anni rivelano una mentalità ancora culturalmente chiusa e questo mi inquieta e mi turba da giovane donna.  Si parla tanto delle donne che lavorano, ma poi nelle piccole città, nei paesi, mancano gli asili nido, mancano orari flessibili, pochi uomini si dedicano alla famiglia costringendo quasi le donne, in alcuni casi, ad una scelta obbligata tra il lavoro e la famiglia. È come se nell’ultimo decennio sia mancato un movimento compatto di donne che combattono per un interesse comune.

Forse è il momento di tornare un attimo a guardare il nostro passato, di ricordarci di quelle mondine che nel 1930 stettero in 10000 su un argine umido e fangoso e nella nebbia della Pianura Padana per rivendicare i loro diritti. Forse è il momento di guardare a quelle donne coraggiose come Luisa Spagnoli o le nostre “madri costituenti” che una volta ottenuto il potere non si sono trasformate in “uomini di potere”, ma sono rimaste donne che hanno sfruttato la loro posizione per sé e a servizio di altre donne: questo è quello che forse in questo periodo ci manca e che potremmo ritrovare nella nostra vecchia ma universale Costituzione.

 

 

 

 

 

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