di Michele Puccini
Con la locuzione “caccia alle streghe” in storia contemporanea si intende quel fenomeno per cui, seguendo la dottrina politica e sociale imposta dagli Stati Uniti, i Paesi loro Alleati, e gli americani stessi, decisero di iniziare ad attuare una vera e propria epurazione di personaggi presenti all’interno dell’apparato statale che erano in qualsiasi modo legati, o semplicemente sospetti di esserlo, al partito comunista dell’Unione Sovietica.
Ciò portò, nel concreto, non a una semplice eliminazione dei reali membri realmente legati ai bolscevichi, ma a una vera e propria cancellazione, spesso anche fisica, di qualunque individuo che detestava timore, per mezzo di repressione violenta tramite i servizi segreti, l’esercito, la polizia e l’utilizzo improprio delle condanne della magistratura, che si subordinava agli ordini del governo.
Il caso per eccellenza, nonché il più tragico, si ebbe proprio nel Paese dalla bandiera stelle e strisce, dove, seguendo le indicazioni del senatore Republicano McCarthy, si arrivò persino a condannare a morte una famiglia di persone innocenti, i coniugi Rosenberg. La coppia venne dichiarata innocente soltanto alcuni anni dopo.
Il noto senatore, che causò queste persecuzioni, nacque nel 1908 ed era figlio di una famiglia di emigrati irlandesi e tedeschi.
Date le sue umili origini abbandonò la scuola per aiutare il sostentamento economico dei suoi cari, lavorando come bracciante. Successivamente per mezzo della sua grande determinazione riuscì a riprendere gli studi, a diplomarsi privatamente nel giro di un anno e si iscrisse, dopo un breve periodo di prova ad ingegneria, alla facoltà di legge.
Dopo una prima candidatura fallimentare con il Partito Democratico si candidò come indipendente per un ruolo amministrativo per un distretto del suo stato, il Wisconsin. Nonostante la sua carica di giudice gli consentisse di non arruolarsi decise comunque di partire per la guerra, e ingigantì le sue imprese al fine di favorire la sua ascesa in politica.
Al suo ritorno una volta demolito il suo principale avversario, La Follette, con accuse per l’epoca molto deplorevoli quali aver sfruttato il mercato azionario delle armi durante la guerra per arricchirsi personalmente e aver utilizzato la scusa dell’età per non essersi arruolato McCarthy vinse le primarie Repubblicane.
Le sue idee estremiste, malgrado risultasse per i colleghi una persona gradevole e cordiale, dal temperamento piuttosto mite, furono evidenziate quando propose di arruolare forzatamente nell’esercito alcuni scioperanti delle miniere di carbone al fine di poterli sottoporre a legge marziale e condannarli a morte se non avessero terminato la protesta.
Nel 1950 in un discorso tenuto al congresso delle donne repubblicane McCarthy dichiarò di possedere la lista di 205 traditori dello Stato affiliati al Partito Comunista, inviata poi in un telegramma al presidente Truman, in cui poi il numero di presunti iscritti fu ridimensionato a 57 e fu dichiarato che questi ultimi erano noti al Segretario di Stato ma che questo non era ancora intervenuto al fine di eliminare i loro interventi nella vita pubblica americana.
Fu così che per mezzo della collaborazione di tutte le forze politiche venne istituita una commissione giuridica di inchiesta e iniziarono le epurazioni. Di fatto queste ultime però si basarono su improvvisazioni e un nulla di fatto: essendo molto legata al governo la magistratura americana finì per emettere sentenze che suscitarono l’indignazione dei media contro le politiche fortemente volute da McCarthy. Quest’ultimo in realtà non aveva alcun elenco affidabile, alcuni nomi della sua lista risultarono persino inventati, inesistenti o di persone morte e la stampa sostenne che il solo che avesse ritrattato il numero dei sospettati doveva già di per sé essere sufficiente a ritenerlo inaffidabile.
La realtà fu evidente: il senatore aveva sfruttato le tensioni geopolitiche del periodo per ottenere risonanza a livello internazionale, prestigio e fama. Tra le sue accuse totalmente infondate spiccano quelle nei confronti del pluridecorato eroe di guerra Ralph Zwicker, noto per essere vicino al suo stesso partito e al presidente Eisenhower.
Nel 1954 il senatore Flanders presentò la richiesta di una censura contro McCarthy in seguito al suicidio del senatore del Hunt, avvenuto in concomitanza con una frase pronunciata dallo stesso McCarthy. Venne costituita una commissione d’inchiesta, stavolta non da lui presieduta per condannare presunti comunisti nell’esercito o nelle istituzioni, ma gestita dal senatore Watking, che diede via libera alla votazione sulla censura.
Il 2 dicembre 1954 il Senato approvò la mozione di censura a McCarthy con un voto di 67 a 22, facendo di lui uno dei pochi senatori mai stigmatizzati in questo modo, per cui nel gennaio 1955 si dovette dimettere dalla presidenza del comitato.
McCarthy conservò comunque il seggio di senatore, ma la sua carriera fu rovinata: i colleghi da lì in poi lo evitarono e non prestarono più attenzione ai suoi interventi in aula, mentre la stampa lo ignorava.
In seguito a ciò, cominciò a manifestare segni di declino psico-fisico. McCarthy morì da lì a poco nel 1957 all’età di 48 anni. Voci di corridoio suggeriscono che la sua morte sia dovuta all’alcolismo a cui lo aveva portano la depressione causata dal tracollo della sua carriera politica.
Il Mccartismo risulta quindi essere più una risposta collettiva che gli americani hanno usato per un periodo per difendersi da quel clima di insicurezza nata dal diffondersi dei regimi filo-russi in Europa e non un concreto progetto politico frutto della bravura di un individuo, ma della megalomania di un insicuro.
L’America cercò più volte di opporsi all’ascesa dei partiti comunisti nazionali dei singoli Paesi, al fine di garantire la sopravvivenza, e il massimo sviluppo possibile, del sistema capitalista, a discapito dell’economia pianificata.
Regno Unito e Stati Uniti ebbero così un’influenza praticamente del tutto assente da parte dei comunisti all’interno del loro panorama politico Nazionale e videro esclusivamente l’affermarsi di correnti moderate della sinistra come il Partito Laburista e il Partito Democratico.
Dall’altra parte i Paesi con una tradizione socialista più forte videro invece l’ascesa del Partito Comunista nel loro panorama Nazionale, come l’Italia e la Francia, ma non ne videro mai l’affermarsi di esso al governo.
In modo particolare il “Bel Paese” vedeva puntualmente, ad ogni elezione, presentarsi il Partito Comunista più forte del blocco occidentale: Togliatti, Berlinguer, Iotti, Ingrao e Longo erano tra i politici italiani più apprezzati dal popolo e in media il partito otteneva, quasi sempre, risultati superiori al venti percento che gli consentiva di ottenere un enorme numero di seggi alla Camera e al Senato. L’Italia era infatti uno dei territori più ambiti durante la Guerra Fredda: era il centro del Mediterraneo e controllarla significa assicurarsi il controllo di molte rotte navali e ciò era fondamentale tanto per i sovietici quanto per gli americani.
In Italia l’espressione del bipolarismo si ebbe quindi non con una vera e propria epurazione tanto più con una serie di scontri e tensioni tra le varie forze politiche espressione delle differenze sociali e regionali che attanagliavano il Paese. Il principale partito Atlantista era invece la Democrazia Cristiana, più comunemente nota come DC.
Come suggerisce il nome stesso era un partito di ispirazione cattolica, ma che a differenza di molti partiti atlantisti degli altri Paesi Europei, riusciva ad unire sia le anime più moderate di destra che di sinistra: il partito era infatti organizzato in correnti interne che spaziavano da quelle “Dorotee”, aperte a sinistra e favorevoli a un’alleanza stabile con i socialisti, e “Morotee”, addirittura favorevoli al famoso “compromesso storico”, un’alleanza che mirava a pacificare i rapporti con il Partito Comunista, fino a quelle scudocrociate, ultracattoliche e conservatrici, passando per gli andreottiani, pragmatici e legati ad Andreotti, al Vaticano e ai servizi segreti. Quest’insieme, all’apparenza così disomogeneo, proprio per la diversità di anime che riusciva a raccogliere al suo interno, è riuscito a detenere il potere del Paese, attraverso pure alleanze poco chiare di alcune sue correnti con la mafia, i servizi segreti italiani ed esteri e con il Vaticano.
In Italia, infatti, si assiste alla famosa “strategia della tensione” dove attraverso tentati colpi di Stato, rapimenti, progetti nascosti, assassini e appoggio esterno di partiti estremisti al governo, in particolare i neofascisti del Movimento Sociale Italiano, oppure gli stessi comunisti, le due superpotenze cercano di creare un clima di instabilità generale e che porti l’intera popolazione a pensare che sia necessario un intervento armato al fine di ripristinare l’ordine pubblico ed eliminare i comunisti dall’arco parlamentare.
Il fallito “Golpe Borghese” o il piano “Solo” ideato dal generale De Lorenzo su espressa richiesta del Presidente della Repubblica Antonio Segni al fine di contenere una possibile rivolta comunista sono solo alcuni esempi.
Altrettanto importante, in queste espressioni del bipolarismo, fu il ruolo che la mafia e la loggia massonica “Propaganda 2”, più comunemente nota come P2, ebbero soprattutto al Sud nel portare voti ai partiti filo-atlantici.
Ciò avvenne perché la prima aveva interesse nel mantenere i suoi contatti con l’America per preservare i suoi traffici illeciti, la seconda invece perché aveva alla guida l’ex fascista di Salò Licio Gelli, il quale, all’interno di un documento detto “Piano di Rinascita Democratica”, che di democratico aveva però ben poco, si era prefissato di attuare sostanziali modifiche del Paese al fine di ripristinare ordine e stabilità governativa che la sola DC, per via delle divisioni interne, non riusciva a garantire, cercando di riportare una vera e propria dittatura in Italia. Gelli finanziò economicamente e fornì armi a numerosi gruppi dell’estrema destra extraparlamentare come quelli responsabili degli Attentati del 1969, della Strage di Piazza Fontana, di Bologna oppure lo stesso golpe Borghese. Inoltre in tutto questa la CIA, sempre tramite infiltrati nel governo Italiano supervisionava ciò che succedeva, tramite una speciale operazione detta “Gladio”. Dall’altra parte servizi segreti sovietici finanziavano invece il PCI e fornivano armi ed eventualmente rifugio agli esponenti del terrorismo legati alla sinistra extraparlamentare.
L’attentato di Via Fani, l’omicidio di Roberto Ruffili e l’odio verso le Istituzioni promosso da “Stella Rossa” sono solo alcuni esempi di come i sovietici cercassero di minare la stabilità italiana. Dall’altra parte è oggettivo però dire che non avendo mai avuto realmente, né uno né l’altro blocco, un leader desideroso di scatenare una terza guerra mondiale l’Italia non fu mai concretamente invasa dai membri del Patto di Varsavia e le azioni più note sono quasi sempre quelle Americane perché i sovietici sono sempre stati “rispettosi”, come del resto anche gli Yankees del sistema di alleanze vigenti, fermandosi a qualche “schermaglia” e permettendo ai loro rivali di gestire abilmente, da dietro le file, la situazione italiana.
Il momento di massima tensione, con uno e l’altro blocco l’Italia lo ebbe rispettivamente nel biennio 1959-1960, dove con i governi Segni e Tambroni vi era il concreto rischio dell’entrata dei neofascisti al potere e quindi di una schiacciante repressione del PCI, a danno di Mosca, che avrebbero potuto portare a un finanziamento di un colpo di Stato Comunista in quanto non era accettabile il ripetersi di una situazione analoga alla Grecia dei Colonnelli troppo vicina al confine con la Jugoslavia, ma anche nel 1979 dove nel governo Andreotti IV, vi fu il concreto rischio di far entrare comunisti alla guida di ministeri, con il concreto rischio del favoreggiamento di un colpo di Stato a favore delle forze ultraconservatrici.
Allo stesso modo, i sovietici, di fronte alla Nato reagirono con il Patto di Varsavia e instaurarono dittature filo-comuniste nell’Europa orientale.
L’inizio del “terrore rosso” si ebbe con il colpo di Stato di Praga, fatto nel Febbraio del 1948, in cui i sovietici, stufi del governo di coalizione retto da comunisti liberali e socialdemocratici, decisero di finanziare un’azione violenta dei comunisti al fine di instaurare un regime dittatoriale.
Il mondo occidentale ne restò profondamente scosso: anche se la Cecoslovacchia era rientrata tra i territori sovietici era l’unica vera democrazia rimasta al di là della cortina di ferro, vi era un governo eletto dal popolo e le era stata persino avanzata la proposta di rientrare nel Piano Marshall.
In Ungheria e in Polonia invece rispettivamente nel 1956 e nel 1966 a seguito di tentativi di democratizzazione e alleggerimento della repressione del partito comunista, favorita dei leader politici locali, i membri del Politburo ordinarono un vera e propria azione militare per ripristinare l’ordine.
Imre Nagy, l’ex leader ungherese, è l’esempio per eccellenza di vittima del terrore sovietico attuato in questi territori, in quanto il grande politico, desideroso di ritirare l’Ungheria dal Patto di Varsavia è stato brutalmente cancellato.
L’espressione dell’ordine bipolare non si limitò ad esprimersi nel panorama europeo ma anche in quello asiatico, caraibico e africano: la Guerra di Corea, con il relativo intervento congiunto sino-sovietico, quella in Vietnam, la crisi dei Missili di Cuba e la nascita di Stati socialisti in Africa non fanno altro che confermare ciò.
Gli esiti di queste tensioni sono diversi e spesso sono presenti ancora oggi.
Dopo fasi altalenanti del conflitto coreano, durato dal 1950 al 1953, con prima l’avanzata delle Armate Rosse, poi di quelle americane e infine la stabilizzazione intorno al trentottesimo parallelo, si arrivò alla nascita di due Coree, in rivalità ancora oggi, la prima governata dal dittatore Kim Il Sung, e dai suoi discendenti dopo, e la seconda Yi-Sung-Man, Park-Yong-Hun dopo.
Se in un primo momento la Repubblica Popolare Democratica di Corea era molto più ricca della Repubblica di Corea per via delle numerose industrie belliche che aveva, il Sud si rivelò poi più preparato per mezzo delle sue grandi capacità finanziarie, rese disponibili dagli investitori americani.
Tutt’oggi questa situazione si fa sentire e non più solo sul panorama economico ma anche su quello politico: il Sud Corea è riuscito, pur con mille difficoltà, ad affrontare un processo di democratizzazione e ad essere uno Stato paragonabile a molte democrazie occidentali.
Caso diverso si può notare invece in Vietnam dove il conflitto, durato addirittura per quasi vent’ anni, dal 1955 al 1975, non ha portato alla nascita di uno Stato comunista e uno capitalista, come si credeva potesse succedere ad inizio della guerra, ma ha lasciato soltanto un ex baluardo rosso all’interno dell’Oriente che oggi ha stretti rapporti con la Cina, la Nord Corea e la Russia.
I vietcong, i gruppi paramilitari contrari al regime di occupazione statunitense che si formarono dentro le zone conquistate dagli americani, sono ancora oggi celebrati come eroi nazionali.
Cuba è invece il caso più eclatante, non soltanto per la sua situazione di estrema povertà o per i suoi eccentrici leader, noti in tutto il mondo, come Che Guevara o Fidel Castro, ma anche perché è letteralmente un baluardo comunista distante appena 145 km dalla località costiera più vicina della Florida, Key West.
Fu proprio per questa ragione che durante la nota crisi, durata dal 14 Ottobre al 28 Ottobre del 1962 e causata dalla scoperta americana che i sovietici vi avevano installato missili nucleari, si rischiò concretamente lo scoppio di un’ipotetica Terza Guerra Mondiale. Alla fine la situazione si concluse con un nulla di fatto e con lo smantellamento della deterrenza cubana in cambio dello smantellamento turca, greca e della riduzione delle capacità militari italiane ma tutt’oggi sulla navi che attraccano a Cuba gli americani attuano un pesante embargo perché l’isola è ancora retta da un regime socialista.
Il finanziamento di partiti o gruppi terroristici fu un altro tema fondamentale.
Gli Americani, molto spesso, finanziarono, credendo di poterli controllare, gli integralisti islamici nei Paesi filo-sovietici, al fine di favorire il crollo dei sistemi socialisti, come in Iran, in Afghanistan e in Iraq, quando poi invece si trovano a dover combattere contro di essi in quanto i nuovi regimi non si piegarono a Washington e al contrario iniziarono una vera e propria guerra con atti terroristici concreti contro l’occidente. Allo stesso modo, Paesi terzomondisti come il Kenya o il Mozambico, che erano retti da governi che erano formati da partiti politici conservatori e che difendevano le tradizioni locali furono violentemente sostituiti da dittatori comunisti.
Nonostante il bilancio di questi conflitti sia apparentemente favorevole al blocco comunista è oggettivo però dire che la fine del mondo bipolare si ha con il crollo dell’Unione Sovietica e la vittoria della Guerra fredda da parte degli Stati Uniti. La fine della Guerra Fredda nel 1991, segnata dal crollo dell’Unione Sovietica, ha rappresentato una svolta epocale nell’assetto geopolitico globale. Apparentemente era finito l’equilibrio instabile basato sulla deterrenza nucleare, la corsa allo spazio alle armi e sul principio della mutua distruzione assicurata.
Con il crollo sovietico, si è aperta una fase che molti hanno definito unipolare, dominata dagli Stati Uniti come unica superpotenza globale. Negli anni ’90, questo predominio si è manifestato in termini politici, economici e militari, con un forte attivismo americano in Medio Oriente, nei Balcani e in altre aree strategiche. Tuttavia, questa fase non ha prodotto un ordine mondiale stabile, bensì ha accelerato l’emergere di nuove potenze regionali.
Vi è stata anche l’illusione che “la storia fosse finita” e che tutti i popoli, la Russia “sconfitta” compresa, volessero omologarsi al modello americano, ma ciò non è stato così.
Come già accennato prima le conseguenze della guerra fredda si facevano ancora sentire e questa maturarono, facendo tendere gli Stati emergenti sempre più a cercare una loro sfera di potere.
Nacque così un sistema multipolare.
Sempre attori statuali e non statuali esercitano influenza su scala globale o regionale. Tra questi esempi sono la Cina, che è cresciuta rapidamente come potenza economica e tecnologica, sempre più assertiva anche sul piano militare e diplomatico, la Russia, che seppur ridimensionata ha riaffermato il proprio ruolo tramite interventi militari come l’Abcasia, l’Ossezia, Crimea, la Siria, il Donbass e il Lugansk favorendo così politiche estere aggressive, l’India, primo Paese al mondo per popolazione, il Brasile, noto per le sue risorse, Turchia, famosa per aver colmato i “vuoti di potere” lasciati in Africa e nei Balcani da noi italiani seguendo un modello neo-ottomano, l’Iran, noto invece per minare la sicurezza mondiale con usando la deterrenza nucleare.
Sono persino emerse organizzazioni transnazionali, multinazionali e persino attori non statali come ONG, gruppi terroristici e le famose aziende “Big Tech” e “Big Pharma” influenzano oggi l’arena internazionale con i loro profitti. Tra i più noti, soprattutto per quanto si tratta del terrorismo troviamo assolutamente Al-Qaeda che è riuscito a formare per un periodo di quasi 10 anni consecutivi uno Stato Islamico che dall’Africa si estendeva fino ai confini del Pakistan e questi terroristi sfruttarono proprio i soldi derivati dagli imprenditori arabi coinvolti nel commercio del petrolio, soldi a loro volta di matrice occidentale. Ciò testimonia come senza rendersene conto, spesso sia stesso l’occidente stesso a finanziare i propri nemici e come al fine di perdurare il sistema di benessere promosso sia necessario analizzare con cura le conseguenze delle proprie azioni.
L’eredità della guerra fredda è dunque evidente e lascia solo sperare che prendendo sempre più consapevolezza e atto della difficile situazione odierna, dovuta a questa ricerca ossessionata del potere, le persone prendano atto che la prima maniera per cercare di costruire qualcosa non è ambire per forza comando o creare un “nuovo ordine mondiale” ma al contrario il dialogo e cercare di ottenere la pace.