Ancora sul confine4 min read

di Leonardo Martini*

   Trent’anni dopo la caduta del Muro di Berlino la Storia torna di nuovo a correre sui nostri confini. Il contesto è drammaticamente diverso: alle porte degli anni ’90 il Mondo e in particolare l’Occidente sembravano aver trovato la ricetta per la pace, la sicurezza ed il benessere. Oggi ci rendiamo conto che almeno in parte è stata una grande illusione e facciamo i conti con una realtà che qualche mese fa mai avremmo immaginato, una realtà che lasciavamo al passato insieme a guerre e fame. I protagonisti però sono indubbiamente gli stessi, cambiati, con pesi e ruoli diversi ma sempre loro. E tra questi, noi. Sì, perché tra il conservatorismo al cianuro tedesco, la protezione interessata USA e le corti orientali di Russia e Cina (con intensità opposte rispetto alla guerra fredda) niente sembra essere cambiato.  

   Con la Germania, ora come allora, i problemi sono monetari: i tedeschi nei momenti più caldi nell’unione europea a livello finanziario fanno sempre a modo loro. Testardi quanto diligenti nei momenti importanti, per concedere qualcosa agli altri devono sempre avere garanzie e condizioni che in qualche modo li facciano sentire più forti, centrali. Così ad inizio anni ’90 iniziarono le aperture per un sistema monetario europeo, con banca centrale e moneta uniche ma solo come merce di scambio per la riunificazione con la Germania dell’Est. Inoltre, i trattati su cui si posero le basi per il sistema attuale, su tutti Maastricht ’92, furono ad impronta prettamente tedesca: livelli di spesa pubblica molto severi e ruolo della BCE di solo controllo dell’inflazione, incubo tedesco dai tempi pre-Hitleriani. Ed ancora il salvataggio forzato della Grecia, autorizzato da Berlino solo per l’enorme quantità di titoli ellenici nella pancia delle banche tedesche, fu un salvataggio della struttura finanziaria di Germania, Francia e Olanda concesso a condizioni umilianti per Atene.

    C’è da dire che Merkel e collaboratori hanno la possibilità di assumere certe decisioni grazie alla loro capacità produttiva, alla loro forza industriale, alla stabilità marmorea dei loro conti pubblici. Questi primati noi non li possiamo vantare per ragioni imputabili solo ed unicamente a noi stessi: corruzione, evasione fiscale, appalti truccati, politica irresponsabile, burocrazia labirintica etc.  

   Questa volta però è diverso per una serie di motivi. L’Italia, a modo suo, stava conducendo mediamente negli ultimi anni una politica fiscale più che dignitosa anche a costo di una crescita vicina allo zero: stavamo facendo i compiti a casa. I nostri conti pubblici, da sempre nel mirino dei falchi del nord, raccontavano una situazione stabile, certo non troppo brillante ma stabile. Niente a che vedere con gli scenari della crisi dell’area Euro del 2011. E, soprattutto, lo shock in questione è esogeno, incontrollabile e non imputabile a nessuno: economie solide come Usa e Uk sono terrorizzate e promettono piani di ricostruzioni post-bellici e nessuno si azzarda a dire che sono irresponsabili spendaccioni. I paesi del Nord Europa sembrano drammaticamente aspettare che anche la loro curva dei contagi salga per poter essere solidali con quelli del Sud e questo sarebbe eticamente deplorevole ed economicamente sbagliato, di nuovo.  

   E mentre Olanda e Germania temporeggiano, gli altri ci fanno la corte, ci inviano medici, mascherine e respiratori. Se quelli cinesi potrebbero apparire come gesti di riconoscenza per la solidarietà italiana di gennaio e febbraio, quelli russi e soprattutto americani profumano di generosità interessata. Gli obiettivi di Xi Jinping, Putin e Trump sono da sempre convergenti e contrastanti: i tre vorrebbero creare rapporti bilaterali con i paesi europei per indebolire la Comunità e far prevalere i loro interessi. Interessi che senza un’Unione Europea forte hanno praterie davanti che portano al saccheggio di quelli che ormai, da soli, sono piccoli staterelli alla mercé dei grandi. Trump ci è già riuscito con la Gran Bretagna, la Cina ha già rapporti bilaterali forti con Italia (la famosa “Via della seta”) e Germania, mentre i russi seguono i loro protocolli particolari (chiedere a Savoini e agli amici del Metropol di Mosca).  

   In questo momento di debolezza gli aiuti annunciati da The Donald a Italia, Spagna e Francia ricordano molto le manovre di influenza post ’45 e possono far gola. Ma le cose sono cambiate, gli USA non possono garantire più la forza di un piano Marshall perché non la possono garantire neanche a loro stessi; Cina e Russia sono, nei fatti, dittature e in quanto tali non affidabili. Il ruolo di un’Italia viziata e corteggiata perché sul confine tra i due blocchi, nonostante le allusioni delle tre superpotenze, è un ruolo che non esiste più e a cui non possiamo aggrapparci. Noi, come tutti quelli che stanno sotto il blu stellato della bandiera europea, possiamo affidarci solo ad un disegno comune forte fatto di solidarietà ma anche rigore e sacrificio per tornare a crescere. La Francia lo ha capito e Macron ha la responsabilità di guidare con Conte e Sánchez la rivoluzione gentile, ma decisa, di cui abbiamo disperato bisogno. I duri e puri del Nord sono invitati al tavolo, sta a loro accettare.  

*Leonardo Martini è un ex studente del Liceo Vallisneri, classe ‘98, sezione D. Attualmente studia economia a Pisa e in questo momento sta finendo un Erasmus a Barcellona.

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