L’arte della guerra nello spirito della storia per Hegel

 

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di Michele Puccini

Luglio 1937, in piena esposizione universale di Parigi, alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale c’è chi, nonostante i regimi totalitari stiano provando i loro eserciti su vari “banchi di prova”, come la Spagna, al fine di aiutare la nascita di  formazioni politiche filo-fasciste, non si fa bloccare da come la situazione sta tragicamente evolvendo verso lo scoppio del conflitto vero e proprio. L’arte in tutte le sue forme, essendo di per sé movimento o rappresentazione di movimento, non può mai stare ferma o essere fermata, come neppure il genio o lo spirito, quest’ultimo in continua progressione verso la storia, proprio come direbbe Eraclito o un “erede” della sua saggezza, un grande filosofo tedesco. Tra questi geni spicca Pablo Picasso.
Picasso nacque a Malaga nel 1881 ed è stato uno dei più grandi, se non il più grande artista del XX secolo. Il pittore, riduttiva come etichetta per un artista totale come lui, un vero e proprio “hombre vertical” per utilizzare l’epiteto con cui in Spagna vengono definiti personaggi del suo calibro, presenta, a inizio lavori dell’expo nel maggio dello stesso anno, l’opera per cui forse è maggiormente conosciuto in tutto il mondo, il Guernica. L’imponente raffigurazione è stata prodotta nel giro di poco meno di due mesi, un qualcosa di impressionante per una tela di quelle dimensioni, ricca di dettagli e particolarità. Ma ciò che ci interessa a noi non è tanto il quadro quanto più il suo pubblico. Gli storici del tempo affermano che durante il periodo concitato una donna dell’alta borghesia spagnola, dall’aspetto distinto e quasi dorico da tanto che non lasciava trasparire alcuna emozione osservando il dettaglio posto in basso a destra del quadro scoppia in un pianto forte e disperato, l’opera l’ha avvolta e si sente coinvolta, protagonista della scena, del dettaglio, che a primo impatto fra le forme e i colori del quadro può sfuggire ma che a un’anima dolce e sensibile non può scappare: quella della madre che piange il figlio morto. Leggi tutto “L’arte della guerra nello spirito della storia per Hegel”

Dal bipolarismo al multipolarismo

 

 

 

di Michele Puccini

Con la locuzione “caccia alle streghe” in storia contemporanea si intende quel fenomeno per cui, seguendo la dottrina politica e sociale imposta dagli Stati Uniti, i Paesi loro Alleati, e gli americani stessi, decisero di iniziare ad attuare una vera e propria epurazione di personaggi presenti all’interno dell’apparato statale che erano in qualsiasi modo legati, o semplicemente sospetti di esserlo, al partito comunista dell’Unione Sovietica.

Ciò portò, nel concreto, non a una semplice eliminazione dei reali membri realmente legati ai bolscevichi, ma a una vera e propria cancellazione, spesso anche fisica, di qualunque individuo che detestava timore, per mezzo di repressione violenta tramite i servizi segreti, l’esercito, la polizia e l’utilizzo improprio delle condanne della magistratura, che si subordinava agli ordini del governo.

Il caso per eccellenza, nonché il più tragico, si ebbe proprio nel Paese dalla bandiera stelle e strisce, dove, seguendo le indicazioni del senatore Republicano McCarthy, si arrivò persino a condannare a morte una famiglia di persone innocenti, i coniugi Rosenberg. La coppia venne dichiarata innocente soltanto alcuni anni dopo.

Il noto senatore, che causò queste persecuzioni, nacque nel 1908 ed era figlio di una famiglia di emigrati irlandesi e tedeschi.

Date le sue umili origini abbandonò la scuola per aiutare il sostentamento economico dei suoi cari, lavorando come bracciante. Successivamente per mezzo della sua grande determinazione riuscì a riprendere gli studi, a diplomarsi privatamente nel giro di un anno e si iscrisse, dopo un breve periodo di prova ad ingegneria, alla facoltà di legge.

Dopo una prima candidatura fallimentare con il Partito Democratico si candidò come indipendente per un ruolo amministrativo per un distretto del suo stato, il Wisconsin. Nonostante la sua carica di giudice gli consentisse di non arruolarsi decise comunque di partire per la guerra, e ingigantì le sue imprese al fine di favorire la sua ascesa in politica.

Al suo ritorno una volta demolito il suo principale avversario, La Follette, con accuse per l’epoca molto deplorevoli quali aver sfruttato il mercato azionario delle armi durante la guerra per arricchirsi personalmente e aver utilizzato la scusa dell’età per non essersi arruolato McCarthy vinse le primarie Repubblicane.

Le sue idee estremiste, malgrado risultasse per i colleghi una persona gradevole e cordiale, dal temperamento piuttosto mite, furono evidenziate quando propose di arruolare forzatamente nell’esercito alcuni scioperanti delle miniere di carbone al fine di poterli sottoporre a legge marziale e condannarli a morte se non avessero terminato la protesta.

Nel 1950 in un discorso tenuto al congresso delle donne repubblicane McCarthy dichiarò di possedere la lista di 205 traditori dello Stato affiliati al Partito Comunista, inviata poi in un telegramma al presidente Truman, in cui poi il numero di presunti iscritti fu ridimensionato a 57 e fu dichiarato che questi ultimi erano noti al Segretario di Stato ma che questo non era ancora intervenuto al fine di eliminare i loro interventi nella vita pubblica americana.

Fu così che per mezzo della collaborazione di tutte le forze politiche venne istituita una commissione giuridica di inchiesta e iniziarono le epurazioni. Di fatto queste ultime però si basarono su improvvisazioni e un nulla di fatto: essendo molto legata al governo la magistratura americana finì per emettere sentenze che suscitarono l’indignazione dei media contro le politiche fortemente volute da McCarthy. Quest’ultimo in realtà non aveva alcun elenco affidabile, alcuni nomi della sua lista risultarono persino inventati, inesistenti o di persone morte e la stampa sostenne che il solo che avesse ritrattato il numero dei sospettati doveva già di per sé essere sufficiente a ritenerlo inaffidabile.

La realtà fu evidente: il senatore aveva sfruttato le tensioni geopolitiche del periodo per ottenere risonanza a livello internazionale, prestigio e fama. Tra le sue accuse totalmente infondate spiccano quelle nei confronti del pluridecorato eroe di guerra Ralph Zwicker, noto per essere vicino al suo stesso partito e al presidente Eisenhower.

Nel 1954 il senatore Flanders presentò la richiesta di una censura contro McCarthy in seguito al suicidio del senatore del Hunt, avvenuto in concomitanza con una frase pronunciata dallo stesso McCarthy. Venne costituita una commissione d’inchiesta, stavolta non da lui presieduta per condannare presunti comunisti nell’esercito o nelle istituzioni, ma gestita dal senatore Watking, che diede via libera alla votazione sulla censura.

Il 2 dicembre 1954 il Senato approvò la mozione di censura a McCarthy con un voto di 67 a 22, facendo di lui uno dei pochi senatori mai stigmatizzati in questo modo, per cui nel gennaio 1955 si dovette dimettere dalla presidenza del comitato.

McCarthy conservò comunque il seggio di senatore, ma la sua carriera fu rovinata: i colleghi da lì in poi lo evitarono e non prestarono più attenzione ai suoi interventi in aula, mentre la stampa lo ignorava.

In seguito a ciò, cominciò a manifestare segni di declino psico-fisico. McCarthy morì da lì a poco nel 1957 all’età di 48 anni. Voci di corridoio suggeriscono che la sua morte sia dovuta all’alcolismo a cui lo aveva portano la depressione causata dal tracollo della sua carriera politica.

Il Mccartismo risulta quindi essere più una risposta collettiva che gli americani hanno usato per un periodo per difendersi da quel clima di insicurezza nata dal diffondersi dei regimi filo-russi in Europa e non un concreto progetto politico frutto della bravura di un individuo, ma della megalomania di un insicuro.

L’America cercò più volte di opporsi all’ascesa dei partiti comunisti nazionali dei singoli Paesi, al fine di garantire la sopravvivenza, e il massimo sviluppo possibile, del sistema capitalista, a discapito dell’economia pianificata.

Regno Unito e Stati Uniti ebbero così un’influenza praticamente del tutto assente da parte dei comunisti all’interno del loro panorama politico Nazionale e videro esclusivamente l’affermarsi di correnti moderate della sinistra come il Partito Laburista e il Partito Democratico.

Dall’altra parte i Paesi con una tradizione socialista più forte videro invece l’ascesa del Partito Comunista nel loro panorama Nazionale, come l’Italia e la Francia, ma non ne videro mai l’affermarsi di esso al governo.

In modo particolare il “Bel Paese” vedeva puntualmente, ad ogni elezione, presentarsi il Partito Comunista più forte del blocco occidentale: Togliatti, Berlinguer, Iotti, Ingrao e Longo erano tra i politici italiani più apprezzati dal popolo e in media il partito otteneva, quasi sempre, risultati superiori al venti percento che gli consentiva di ottenere un enorme numero di seggi alla Camera e al Senato. L’Italia era infatti uno dei territori più ambiti durante la Guerra Fredda: era il centro del Mediterraneo e controllarla significa assicurarsi il controllo di molte rotte navali e ciò era fondamentale tanto per i sovietici quanto per gli americani.

In Italia l’espressione del bipolarismo si ebbe quindi non con una vera e propria epurazione tanto più con una serie di scontri e tensioni tra le varie forze politiche espressione delle differenze sociali e regionali che attanagliavano il Paese. Il principale partito Atlantista era invece la Democrazia Cristiana, più comunemente nota come DC.

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La giustizia nel 2025

 

di Michele Puccini

La figura del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, quest’ultimo più comunemente noto nel linguaggio comune come p. m., è complessa e distinta secondo l’ordinamento italiano. La magistratura è infatti quell’organo che esercita uno dei tre poteri sanciti dalla Costituzione: quello giudiziario. Molto spesso, nell’immaginario collettivo si fa troppe volte confusione o si hanno malinterpretazioni di come funzioni la macchina statale: il potere giudiziario non è in alcun modo collegato al potere esecutivo, proprio del governo, o a quello legislativo, proprio del parlamento. Esso infatti ha una funzione di controllo e ha il compito di giudicare e punire chi commette reati, ovvero chi agisce contro la legge. Inoltre spetta agli organi che dispongono di questo potere stabilire la legittimità delle stesse leggi promosse dalle camere ed eventualmente dichiararne la parziale o totale illegittimità, portando a una revisione dei loro testi.
Spesso, i ruoli di pubblico ministero e giudice sono facilmente scambiati, nonostante abbiano compiti diversi e non sempre siano intraprendibili contemporaneamente. In Italia, il pubblico ministero è quell’individuo le cui funzioni sono di natura giurisdizionale e nei fatti procede a svolgere le indagini.Dall’altra parte il giudice è quella figura che ha il compito di stabilire la fondatezza dell’accusa, assolvendo o condannando l’imputato. Leggi tutto “La giustizia nel 2025”

Il cammino verso la felicità

 

di Chiara Morelli

La felicità è uno di quei concetti che tutti conosciamo, ma che al tempo stesso, sfugge a ogni definizione universale. È protagonista di film, libri, anche di sogni che cercano disperatamente con l’immaginazione di raggiungerla, ma la verità è che essa sembra sfuggirci proprio quando cerchiamo di afferrarla con troppo vigore. È un desiderio comune, una meta ambita, ma anche una sensazione fugace, delicata e profondamente personale. Il problema forse sorge proprio qui, nel considerare l’essenza della felicità come una destinazione invece che un viaggio, un percorso che attraversa il nostro cuore, le nostre esperienze e il nostro modo di vedere il mondo, e che come tale ha bisogno di tempo, di introspezione e di accettazione.
Siamo continuamente ingannati dalla convinzione che la felicità dipenda da ciò che possediamo o che potremmo ottenere: una bella casa, un lavoro dignitoso, una relazione stabile, soldi da spendere in viaggi e per condurre “la bella vita”, insomma qualsiasi cosa che da sempre la società ci ha imposto come un qualcosa da rincorrere e afferrare. Essere felici viene tradotto come raggiungere determinati standard e la felicità si trasforma in qualcosa da conquistare, come se ci fosse un’unica formula per tutti per raggiungerla. Questa corsa incessante verso un qualcosa di più, questa brama che a volte è sinonimo di avidità ed
egoismo, è una considerazione di felicità a cui molti fanno riferimento, ma potrà mai essere la forma di una felicità autentica? Leggi tutto “Il cammino verso la felicità”