Come ignorare il giudizio degli altri e vivere felici7 min read

di Eva Carboncini

   In questo periodo particolare, ho deciso di dedicarmi alla lettura di un libro che potesse al contempo intrattenermi ed insegnarmi qualcosa di importante, per poter vivere al meglio nella società moderna. Tenendo bene a mente il mio intento, il libro che ho scelto è L’arte di ignorare il giudizio degli altri di Arthur Schopenhauer. Nonostante non conoscessi a pieno l’autore, ciò che mi ha spinto ad intraprendere questa lettura è stato proprio il titolo, che riprende un tema molto importante attualmente e indispensabile per il raggiungimento della felicità, a cui tutti noi tendiamo nel corso della nostra vita.

   Arthur Schopenhauer nacque a Danzica, in Polonia, il 22 febbraio 1788, da un banchiere e una nota scrittrice di romanzi. Le pressioni da parte del padre affinché proseguisse la sua stessa strada non ebbero successo, ma grazie all’influenza della madre, cominciò ad interessarsi alla letteratura ed intraprese gli studi filosofici. Le difficili vicende familiari, tra cui il suicidio del padre e il contraddittorio rapporto con la figura materna, segnarono in modo determinante il suo pensiero. Egli è infatti una delle poche figure veramente sataniche della letteratura e il suo pensiero ha subito molte influenze, tra cui: la teoria delle idee di Platone, il romanticismo, la filosofia orientale, ma soprattutto il criticismo e la “volontà di vivere”, interpretata alla luce della filosofia di Immanuel Kant, e in particolare dei concetti di noumeno (la cosa in sé) e fenomeno (la cosa come ci appare).

   L’arte di ignorare il giudizio degli altri riproduce il quarto capitolo degli Aforismi per una vita saggia di Arthur Schopenhauer. Il suo tema principale è “ciò che uno rappresenta”, e fa seguito al secondo capitolo su “ciò che uno è” e al terzo su “ciò che uno ha”, mentre il primo capitolo riporta le Osservazioni generali sul tema della vita saggia e felice. In questo libro l’autore analizza e sottolinea l’assurdità di molti dei pareri altrui che, se presi troppo in considerazione, possono portarci a modificare la nostra condotta, e ci mostra come imparare a vivere guardando prima di tutto al nostro benessere, per condurre un’esistenza appagante e ritrovare così la serenità interiore.

   La frase più nota, che si trova all’inizio del libro, è infatti la seguente:

“A causa di una particolare debolezza della natura umana si attribuisce, in genere, soverchia importanza a ciò che uno rappresenta, vale a dire ciò che noi siamo nell’opinione altrui; anche se, per poco che riflettessimo, comprenderemmo che ciò non è, in sé, rilevante ai fini della nostra felicità.”

   I segni del consenso altrui rallegrano e consolano talvolta gli insuccessi, ed è proprio per questo se, nella maggior parte dei casi, tendiamo ad attribuire fin troppa importanza alle loro opinioni. Dovremmo tenerne conto solo se anche secondo noi possono essere utili a renderci migliori, ma se gli attribuiamo troppa importanza, rischiamo di divenirne schiavi ed agire di conseguenza. Purtroppo questo è un errore molto diffuso e per rimediare l’autore consiglia di fare una giusta valutazione tra “ciò che si è in sé stessi” e “per se stessi” e “ciò che si è soltanto agli occhi degli altri”. Ciò che si è in sé stessi coincide con la nostra coscienza e ci riguarda quindi in prima persona, mentre ciò che si è agli occhi degli altri ha sede nella coscienza altrui e ci riguarda indirettamente solo quando determina il comportamento degli altri nei nostri confronti e, anche in questo caso, solo se può modificare quello che siamo in noi.    

   L’opinione altrui offre un comodo appiglio a coloro che devono dominare gli uomini, ma per chi ricerca la vera felicità sono più importanti altri fattori come la salute, le entrate economiche, la famiglia e gli affetti. Se le opinioni e le critiche altrui vengono considerate per prime in tutto ciò che facciamo, possono con il tempo diventare una fissazione, che sta alla base del nostro orgoglio e da cui derivano la maggior parte delle ansie e dei timori. L’unico modo per liberarsi di quella follia è riconoscerla come tale e convincersi che le opinioni della gente sono del tutto distorte, false e non meritano attenzione. Ci preoccupiamo tanto di ciò che gli altri pensano, ma se non ce n’è curassimo il nostro comportamento si farebbe molto più sicuro, spregiudicato e naturale.

   Questi sono i motivi per cui l’autore crede fermamente nell’esistenza appartata, che ci sottrae da una vita vissuta continuamente sotto gli occhi degli altri e le loro opinioni, e ci permette invece di concentrarci maggiormente sui noi stessi, i nostri pensieri e i nostri ideali.

   L’opinione degli altri dà origine a molti valori negativi e genera tre conseguenze negative della volontà di vivere: l’ambizione, la superbia, che è la convinzione della propria superiorità, e la vanità, che è invece il desiderio di suscitare quella convinzione negli altri, con la speranza di farla poi anche propria.

   Ciò che siamo agli occhi degli altri si può invece suddividere in: onore, rango e fama. Per quanto riguarda il rango non c’è molto da dire, perché si tratta semplicemente di un valore convenzionale che genera finta stima e finto rispetto, e in base a cui vengono distribuite onorificenze. Le onorificenze si basano sulla pubblica opinione e perdono il loro valore quando vengono distribuite ingiustamente.

   La parte centrare del libro si sviluppa intorno alle varie forme di onore esistenti. L’onore è fondamentalmente il possesso delle qualità che si richiedono a chi riveste una determinata posizione, ne hanno titolo tutti, ma l’importante è non perderlo. Inoltre è, oggettivamente, l’altrui opinione sul nostro valore e, soggettivamente, il nostro timore di quell’opinione.

   Si possono distinguere diversi tipi di onore: l’onore borghese (si basa sull’esigenza che vengano rispettati i diritti di ciascuno e che non vengano utilizzati mezzi ingiusti o illeciti); l’onore della funzione (secondo il quale chi ricopre una carica, possiede realmente le qualità richieste e le adempie scrupolosamente); l’onore militare (è una sottospecie dell’onore della funzione, secondo il quale chi si impegna a difendere la patria comune, deve essere dotato delle qualità necessarie); l’onore sessuale (riguarda la vita sessuale e la  reputazione di cui gode, e si distingue in onore maschile e femminile); l’onore cavalleresco (in questo caso l’onore non consiste nell’opinione che altri hanno di ciò che valiamo, ma nelle sue manifestazioni, e può essere perso per sempre appena qualcuno esprime su di noi un giudizio dispregiativo); l’onore nazionale (onore collettivo di un singolo popolo, in quanto parte della comunità dei popoli).

   L’ultima rappresentazione ad essere presa in esame è la fama. Spesso onore e fama vengono messi a confronto, ma quest’ultima è di gran lunga superiore, per motivi ben precisi. La fama è una condizione per cui una persona, con una certa notorietà, gode di un’ottima reputazione ed ammirazione da parte degli altri. Essa, a differenza dell’onore, concerne le qualità che non si possono pretendere da nessuno, e che sono quindi individuali ed inimitabili. Si acquista solamente con meriti eccezionali, derivati da: azioni, che dipendono da occasioni che le rendono possibili, e vengono solitamente intraprese da chi ha un grande cuore e tendono, con il tempo, ad essere dimenticate o distorte; opere, che non dipendono da una circostanza, ma unicamente dall’autore, e vengono solitamente intraprese da chi ha una grande mente e con il passare del tempo rimangono invariate e immortali.

   La fama, quanto più è destinata a durare, tanto più è lenta ad arrivare. Infatti, nella maggior parte dei casi, essa giunge nella vecchiaia o è postuma, e quindi chi ne sarà oggetto non ne verrà mai a conoscenza, ma può finché è in vita essere felice di pensare che alle generazioni future possa giungere qualche notizia della sua esistenza. Se avviene il contrario, e cioè se la fama la si ottiene in vita, in genere si tratta di una fama facile ed effimera. Questo perché, se l’opera non si adegua all’epoca in cui viene realizzata e agli umori del momento, e se viene a contatto con menti piccole, limitate e storte, non è in grado di essere apprezzata come tale.

   Al riguardo, Schopenhauer inserisce alcune citazioni, tra cui:

“La parola più felice vien dileggiata,

se chi ascolta ha l’orecchio fatto male.”  

-Goethe

   “La fama fugge da coloro che la cercano, e segue quelli che non se ne curano, perché i primi si adeguano al gusto dei loro contemporanei, e gli altri lo sfidano.” – Osorio

   Per raggiungere la vera felicità, dobbiamo quindi aver fiducia in noi stessi e perseguire i nostri ideali, non curandoci di ciò che gli altri pensano di noi, perché ci sono cose che contano molto di più nella vita e soprattutto perché ciascuno di noi “vive nella propria pelle e non già nell’altrui opinione”.

   Arthur Schopenhauer, L’arte d’ignorare il giudizio degli altri, Adelphi editore.

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