Il male d’Italia5 min read

di Alessandro Vannucci

   “Cosa nostra, cosa vostra, cosa è vostro?” cantava Fabrizio Moro nel 2007, ma oltre ad essere il verso di un brano di successo, questa è anche la domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi quando pensa alla mafia; la parola mafia è un marchio che spesso viene usato per denigrare il popolo italiano.

   Capita infatti che spesso gli stranieri definiscano il “Bel paese” come la nazione della malavita organizzata, perdendo di vista tutto il resto, tutte le opere d’arte e di architettura, nonché i paesaggi che la visita alle nostre città può offrire.

    La mafia è un’organizzazione criminale, con interessi illeciti; purtroppo attraverso il controllo dei mercati della prostituzione, dello spaccio di sostanze stupefacenti, del commercio di armi, del gioco d’azzardo, del contrabbando e della tratta dei migranti, i malavitosi hanno accumulato ingenti somme di denaro che, con il riciclaggio, investono in attività lecite.

   La magistratura cerca, attraverso giudici come Falcone, Borsellino, Gratteri e altri, di ostacolare questi traffici ed arrestare i criminali, molte volte giungendo all’arresto di centinaia di persone; purtroppo però può succedere che alcuni personaggi corrotti siano presenti anche all’interno delle procure, compromettendo così il buon esito delle indagini. I magistrati che si occupano di mafia vivono “blindati”, sotto scorta: spesso i delinquenti, quando sono indagati, fanno recapitare in tribunale buste con proiettili, lettere di minaccia o peggio. 

   “Cosa nostra”, la “’Ndrangheta”, la “Sacra Corona Unita” ed altri gruppi delinquenziali corrompono politici nazionali e comunali per aggiudicarsi gli appalti pubblici e ‘dare lavoro’. Con la crisi economica latente e le attività di impresa sempre più instabili, chi ha bisogno di uno stipendio può, per disperazione, accettare dei compromessi con questo mondo corrotto e diventare ricattabile.

   Alcune volte, quando si ascoltano notizie su arresti per corruzione nell’amministrazione dello Stato, viene lo sconforto, ma è necessario capire che ognuno di noi deve fare la sua parte, dobbiamo essere persone che combattono per vivere in un mondo il più possibile onesto e corretto.

   A questo punto, molti di voi si chiederanno se esiste una risposta o delle azioni da compiere nel caso entrassimo in contatto con la mafia. La malavita non è un animale pericoloso, che una volta incontrato possiamo sconfiggere attraverso una lotta armata; spesso non ce ne rendiamo conto di essere vicino ad un mafioso, perché è apparentemente un uomo come noi. Il delinquente respira, soffre, piange come tutti, ma ha scelto di compiere il male, di rovinare la vita delle altre persone, fino ad uccidere. Nella maggiore parte dei casi, i capi mafia sono spinti a compiere folli azioni per accumulare ricchezze, e per essere temuti; per molti di loro il fine giustifica i mezzi, ed è proprio quando il loro scopo viene messo in pericolo che commettono atti gravi, come ad esempio l’attentato di Firenze, in via dei Georgofili, il 27 maggio 1993.

   Si evidenzia chiaramente dalla storia e dalle testimonianze dei pentiti, come Buscetta, che non esiste alcun sentimento: gli affiliati ed i loro capi non hanno e non nutrono affetto, amore, compassione, ma solo avidità e cattiveria. Possiedono una mentalità distorta che vede come solo amico il denaro grazie al quale riescono ad essere ai vertici dell’associazione mafiosa; questi “uomini” e “donne” sono pronti a sacrificare anche i figli per ottenere ciò che vogliono. I boss criminali come Bernardo Provenzano, famoso capo di “cosa nostra” dagli anni novanta, ha trascorso la vita in condizioni miserevoli, non ha finito neanche la seconda elementare; dava i suoi ordini attraverso i famosi “pizzini”, piccoli fogli di carta che faceva recapitare agli affiliati per intimidire o uccidere chi limitava i suoi traffici illeciti.

   La mafia non è nel nostro DNA, ma è una scelta che il nostro cervello fa, quando decide di seguire la parte più crudele di esso; purtroppo possiamo essere influenzati dall’ambiente che ci circonda. Una cosa è nascere e vivere al Brancaccio, un’altra nel “bosco verticale” a Milano. Lo stato mette a disposizione di tutti la scuola per evitare le scelte sbagliate, attraverso la cultura possiamo crescere ponendo come fondamenta della nostra vita la libertà di pensiero, l’onestà, la correttezza e l’aiuto reciproco.

   In una recente intervista il giudice Gratteri ha evidenziato come dall’emergenza del Corona virus, i malavitosi si stanno organizzando per accrescere gli introiti illeciti dalla vendita delle mascherine di contrabbando ed assoldare più affiliati con la gestione dei sussidi economici da parte dello stato; il magistrato ha dato un allarme, i boss alla fine di questa crisi potrebbero rilevare molte fabbriche, negozi e piccole industrie per attività di riciclaggio del “denaro sporco”.

   La maggior parte di noi descrive la criminalità organizzata come un “problema degli altri”, in special modo della gente del Meridione, ma si dimenticano dell’importanza di personaggi come: Falcone, Borsellino, i fratelli Mattarella, don Pino Puglisi, il generale Dalla Chiesa, Saviano, lo stesso Gratteri e molti che hanno combattuto e combattono per il bene comune, sacrificando la propria vita e in certi casi anche quella dei loro cari per offrire ai nostri figli un futuro migliore. Certo sono persone eccezionali, non tutti riusciamo ad avere così tanta forza e tenacia, ma possiamo seguire il loro esempio; ricordandoci che uno dei principi del vivere comune è rispettare il nostro prossimo.

   I capi criminali sono i primi a parlare di onore, di rispetto, di giustizia, ma c’é onore nell’uccidere un bambino sciogliendolo nell’acido? C’é rispetto nel picchiare i negozianti solo perché non vogliono pagare il “pizzo”? C’é giustizia nel sottrarre delle mascherine a donne, bambini, anziani per lucro?

   Non possiamo rimanere inermi di fronte a tanta cattiveria e sopraffazione, dobbiamo reagire, attraverso strumenti temuti dai mafiosi, come la cultura, il coraggio, la giustizia, che rendono grande il nostro paese.

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