Il rapporto tra il cittadino e lo Stato12 min read

 

di Michele Puccini

Il rapporto tra l’individuo e lo Stato è un tema complesso che coinvolge l’uomo fin dall’Antichità.

Già dai nostri albori abbiamo sempre accettato di cedere parte della nostra sovranità per organizzare strutture sociali più o meno complesse: le stesse tribù del Paleolitico o i villaggi neolitici ne sono alcuni esempi.

All’epoca questi gruppi avevano la funzione di dividere i ruoli all’interno della comunità, dare punti di riferimento per gli individui più giovani, deboli o inesperti e allo stesso tempo anche di preoccuparsi della ricchezza che si possedeva.

Con il passare dei millenni ciò si è evoluto dal controllo del cibo raccolto o delle pellicce degli animali uccisi al possesso di metalli preziosi, passando poi per le terre coltivabili o utilizzabili per la costruzione delle strutture e arrivando fino ad oggi dove questo concetto è strettamente correlato al denaro. Lo Stato compie un ruolo importantissimo: quello di decidere come investire la ricchezza che i contribuenti versano attraverso le tasse nelle sue casse.

Il concetto di contributi o, meglio, di tasse, create per mettere assieme un fondo comune utilizzabile in situazioni di necessità, è sempre esistito: già nell’Antico Egitto le persone versavano ingenti quantità di cibo e prodotti agricoli per permettere al Faraone di mantenere l’esercito di mercenari che utilizzava per difendere il Regno.

Le persone, inoltre, si affidavano al buon senso del Faraone, che era stato scelto dagli dei, e si aspettavano che questo compisse le scelte più giuste anche per loro.

Lo stesso avveniva a Roma dove l’imperatore aveva di fatto un potere assoluto ma doveva oltre che fare i conti con il Senato, che più volte si dimostrava un tenace avversario di molti sovrani, anche tenere sotto controllo le possibili rivolte contro di lui a causa dell’ingente numero di territori, abitanti e beni che doveva amministrare.

Nel contratto sociale Rousseau sosteneva che il cittadino fosse sia soggetto che oggetto della sovranità in quanto essendo parte del popolo della sua “ideale Nazione democratica” esso avesse diritto alla sovranità ma al tempo stesso accettava di cedere parte di essa cedendola al governo e, almeno formalmente, è ciò che avviene nella maggior parte degli Stati del mondo ancora oggi.

Da come quindi si può evincere osservando il corso della storia le funzioni che i cittadini si aspettano dallo Stato sono molteplici: difesa, amministrazione del tesoro, eventuali interventi nell’economia e strategie di mercato, preoccupazione per il benessere collettivo, giustizia. Per rispondere a queste esigenze si sono sviluppate varie forme di governo da quelle più autocratiche a quelle più liberali, passando anche per politiche economiche di diverso tipo. Se avessimo una sorta di “planisfero politico” che indicasse ciascuna delle varie forme di governo di ogni Paese è facile osservare come gli uomini abbiano una pluralità enorme di modi per gestirsi e tutti quelli utilizzati nell’Antichità sono presenti ancora oggi.

Le teocrazie con un sovrano assoluto come in Mesopotamia, o sempre in Egitto, erano le forme di governo più diffuse e sono ancora presenti in alcuni Stati del mondo arabo come Qatar, Arabia Saudita e Giordania.

Allo stesso modo esempi di oligarchie come la Repubblica Romana oppure come nelle varie città-stato greche si trovano in Paesi dell’est Europa come Russia e Ucraina dove il governo è nelle mani di una figura che funge da “mediatore” tra i potenti oligarchi.

Il nostro Stato di diritto si è invece sviluppato negli Stati Uniti secondo un modello più complesso che ha trovato le fondamenta con la democrazia greca, il dialogo presente all’interno del Senato Romano e il contributo intellettuale di illuministi e figure come Locke, Hobbes e lo stesso Rousseau già citato prima.

I grandi autori del passato restano comunque sempre attuali per capire la scena politica: figure come Dante, Machiavelli ma anche Platone, Aristotele e Virgilio sono elementi che volevano ed erano dediti al bene della società.

Sostanzialmente si può parlare quindi di autocrazie e democrazie.

Le prime sono Stati caratterizzati da un forte accentramento del potere nelle mani di un solo individuo o partito, le seconde sono invece gli Stati in cui la divisione dei poteri è netta e ciascun organo può compiere funzioni di vigilanza sull’altro, favorendo un pluralismo politico. Se “l’uomo solo al comando”, come Cesare, presenta il vantaggio di non dover rendere conto a nessuno, di riuscire a prendere più velocemente le decisioni e a renderle nel giro di poco operative dall’altro implica forzatamente una repressione del dissenso e un controllo più rigido dei cittadini non potendo così garantire sempre il diritto alla libertà di parola, di espressione e di stampa.

Caso opposto si trova invece con le nostre Repubbliche europee, classificate come esempio di democrazie.

La pandemia che abbiamo vissuto ne è stata una chiara dimostrazione: se per ricevere o inviare aiuti c’è voluto del tempo per far approvare i decreti dal parlamento, dall’altra parte ciò ha permesso di riflettere e scegliere, anche in maniera più consapevole, su quello che stava succedendo.

La parte teorica, con i costi che ne segue, è però chiaramente insufficiente di per sé: lo Stato, infatti, oltre che occuparsi di quelli che vengono definiti “compiti burocratici e amministrativi” come i decreti parlamentari o governativi deve svolgere funzioni ancora più fondamentali per il cittadino.

Paradossalmente, secondo Kant, un Paese senza costituzione o leggi di base potrebbe funzionare se nell’uomo non vi fosse presente una sorta di “male radicale” che corrompe le anime di consiglieri, giudici e funzionari, portando essi a non fare le scelte giuste.

Tutti gli uomini sanno che uccidere è sbagliato e come tale va punito, ma a loro volta le anime più temperate sono coscienti che il principio “occhio per occhio, dente per dente” ha spesso portato a guerre, conflitti e carneficine senza fine, di conseguenza un buon giudice anche se non avesse un testo di leggi a cui far riferimento dovrebbe saper punire lo stesso il condannato in maniera corretta.

Alcune delle funzioni davvero importanti che la complessa macchina statale deve compiere per il cittadino sono il cercare di garantire il benessere, la nascita, la sopravvivenza e la crescita dell’individuo.

Un esempio di come ciò stia fallendo, purtroppo, è la nostra Nazione: i continui tagli sulla spesa pubblica e il decremento degli investimenti in settori strategici come istruzione, ricerca, sanità e il mancato adeguamento di politiche che favoriscano la natalità sta portando, unito anche dal rifiuto generalizzato delle nostre élite politiche di adeguare i salari dei ceti medio-bassi al costo della vita, migliaia di giovani italiani, che decidono di non emigrare all’estero o per scelta o per impossibilità economica, a compiere una decisione terribile per ogni essere umano: quella di non avere figli, il che è una cosa orribile non solo a livello di economico per i contributi perché mancheranno i futuri giovani che dovranno sostenere il Paese, ma anche a livello sociale perché viola uno dei principi fondamentali su cui si fonda la nostra Carta Costituzionale, quello della libertà.

Una delle priorità di una Nazione o di uno Stato forte deve essere quindi di investire nelle politiche sociali che permettano di generalizzare il più possibile il benessere, non casualmente i Paesi più forti economicamente risultano anche i primi nei settori industriali e scientifici, finanziati proprio con i soldi dei contribuenti, e in cui spesso lavorano giovani ricercatori, ingegneri, chimici, fisici o medici.

Inoltre è una cosa contraria a ogni dignità umana il fatto che una persona, perché meno abbiente, non possa includere l’eventualità di ammalarsi perché incapace di provvedere economicamente alle proprie cure. La sanità deve essere accessibile a tutti, specialmente per le classi più deboli.

La difesa è un altro tema fondamentale: Machiavelli sosteneva che uno Stato forte è uno stato in cui sono i cittadini stessi a costituirne l’esercito.

La ricerca può anche essere estesa non solo in campo medico o tecnologico, ma anche militare, in quanto un intervento armato può rendersi necessario: la generazioni passate alla nostra hanno combattuto proprio sul territorio Europeo per scongiurare ed estirpare il male radicale che si era insignito in Italia e in Germania tra il 1939 e il 1945.

Un esercito che non è mosso da sentimenti nobili come l’amor di patria, la volontà di difendere i propri connazionali e la libertà non potrà mai rivelarsi vincente, esempi di ciò sono i numerosi casi in cui eserciti molto meglio equipaggiati, come quello Austro-Ungarico, sono stati sconfitti dai nostri soldati, più motivati di riprendersi le terre che gli erano state sottratte dalla loro controffensive.

A prescindere che i mezzi siano però di natura militare o civile questi devono essere efficaci, all’avanguardia e necessitano di carburanti per funzionare, investire nei settori dell’energia, delle infrastrutture e dei trasporti si rivela quindi di vitale importanza, oltre che strategico per attirare i capitali di investitori italiani ed esteri.

Le grandi aziende, i turisti ma anche i nostri studenti e imprenditori sono i primi ad avere beneficio in ciò: esempi possono essere colossi dell’economia mondiale come Nike, Adidas o Puma che per trasportare i loro prodotti all’interno della penisola hanno bisogno di enormi camion, aerei o navi che se si trovano a viaggiare su strade “sicure” e gratuite, quindi statali, arrivano più facilmente a destinazione, con un conseguente calo dei prezzi.

Lo stesso vale per gli studenti: non è raro che in certi paesi, soprattutto al Meridione, le scuole siano molto distanti e investire nel trasporto pubblico aiuta non solo i ragazzi ma anche le casse delle aziende nazionali e l’ambiente.

L’investire in fonti energetiche rinnovabili e di transizione favorisce la tutela del patrimonio ambientale di una Nazione, altra cosa che deve essere prioritaria per un governo valido. Viene spesso criticata e attaccata la Cina per la sua enorme produzione di anidride carbonica, non tenendo minimamente conto della sua popolazione, quando in media noi italiani produciamo circa tre volte e mezzo quello che produce un nostro corrispettivo cinese e non facciamo niente per migliorare ciò.

Lo Stato dovrebbe quindi occuparsi di trattare questi delicati temi anche a scuola, fin dall’infanzia.

Ma tra i tanti doveri non abbiamo ancora trattato quello che, secondo me, è il più spinoso e complesso, per cui non esiste un’unica soluzione: quello economico.

Lo Stato deve o non deve intervenire nell’economia?

La risposta è riprendere nuovamente Kant e sospendere il giudizio.

Vi sono ovvie circostanze in cui c’è bisogno di governi tecnici e di bravi statisti per risanare i conti ma altre in cui ostinarsi ad avere il controllo su situazioni che già funzionano da sole e che sono di per sé efficaci può rivelarsi estremamente dannoso.

La stessa URSS, l’ex superpotenza mondiale, è la dimostrazione di come se lo Stato avesse mantenuto sotto il suo controllo quei settori chiave come l’energia e la sanità e avesse liberalizzato maggiormente il mercato della produzione agricola, non spendendo direttamente le risorse del tesoro pubblico per generi alimentari, avrebbe potuto ottenere un successo più duraturo e una maggiore competitività.

Quindi l’unica risposta plausibile che si può dare è che bisogna lasciare un’economia sì libera, ma anche sotto supervisione dei vari Ministeri preposti a lavorarvi, come quello delle Finanze e dell’Industria.

Come in ogni puzzle però i pezzi che compongono la figura sono migliaia e se lo Stato è l’immagine noi siamo le componenti.

Cosa dobbiamo fare noi per rendere stupendo questo disegno e avere senso civico? Come possiamo essere davvero cittadini attivi? Come mai abbiamo spesso l’impressione che talvolta i nostri sforzi non siano mai sufficienti e che quindi non valga la pena farli? Come dobbiamo reagire di fronte ai politici corrotti e all’enorme perdita di valori morali che ci circonda?

Personalmente ritengo più facile partire dal rispondere proprio dalle ultime domande: ogni secolo porta i propri cittadini a credere di vivere un’epoca in cui i valori stanno venendo perduti, eppure ogni volta che l’uomo ha toccato il fondo è sempre riuscito a ricostruire e a ripartire; è vero siamo colpevoli di aver creato armi di distruzione di massa, di esserci spinti oltre con la scienza fino a causare epidemie ed è altrettanto vero che tra fratelli, proprio come Ungaretti chiamava i suoi compagni, tutti i giorni ci uccidiamo a vicenda e studiamo sempre più rapidi ed efficaci metodi per farlo ma è altrettanto dannoso abbandonarsi al pessimismo, oltre che inutile.

Viviamo fortunatamente in un continente dove se non in tutte, i valori di i cui ho parlato, vengono rispettati e messi in atto in un buon numero di Nazioni e come ogni fenomeno sociale che si diffonde bisogna sperare che anche questa consapevolezza coinvolga pienamente i cittadini italiani che su modello dei loro nonni e dei loro bisnonni, che si sono rimboccati le maniche e hanno ricostruito una Nazione distrutta dalla guerra partendo da zero, recuperino fiducia verso il futuro e le istituzioni, per il bene di tutti.

Gli scandali fanno parte della storia e non viviamo più ai tempi dei Greci dove l’ostracismo permetteva di allontanare figure negative dalla scena politica ma in compenso godiamo comunque di un’altra arma, più potente e che contraddistingue l’uomo da ogni altro essere vivente, la ragione.

La nostra la coscienza, ci dirà sempre di partecipare alle votazioni per scegliere le figure giuste, che lottano per il bene e non per la corruzione e per il male.

La cittadinanza attiva diventa quindi un’ancella della ragione stessa che permette di compiere il dovere più importante di ogni uomo e di ogni donna: votare ed esprimere se stesso nel rispetto della legge.

Indubbiamente il sistema elettorale italiano presenta diversi limiti ma elencarli sarebbe ingiusto in quanto favorirebbe quegli individui ignavi che coglierebbero il pretesto per non assumersi le proprie responsabilità: dal momento che abbiamo l’opportunità essa deve essere sfruttata per il bene comune e non esiste scusa in quanto dall’altra parte del mondo c’è sicuramente qualcuno che lotta e muore per garantire a qualcun altro di svolgere quel dovere che noi stiamo rifiutando passivamente.

Se le cose non funzionano non bisogna avere paura ad informarsi, chiedersi che cosa stia succedendo, domandarsi cosa possiamo fare per essere parte del cambiamento e come possiamo aiutare il progresso sociale.

Tutto questo si traduce rispettando gli altri diritti costituzionali che diventano a tutti gli effetti dei doveri di un cittadino responsabile: diritto di sciopero, diritto di libera associazione, diritto di libertà di stampa, di manifestazione, di espressione del dissenso; solo così a poco a poco riusciremo a vincere la paura e il male dell’indifferenza, creando un mondo migliore.

Come Enea una volta sbarcato in Italia ha fondato Roma dalle rovine di Ilio non dandosi per sconfitto anche noi dobbiamo affrontare le avversità sul cammino per ottenere un mondo migliore.

“Macte animo!”.

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