Lamine Yamal, storia di un campione4 min read

 

di Michele Puccini

-Corri Yamal! Corri!-                                                                                                                                  Queste sono le ultime parole che gli ho sentito dire.

E dopo?  – E dopo non li ho più visti.-

-Ti mancano tanto?-  -Sì.-

Con quella fredda risposta il giovane marocchino si eclissò nei suoi pensieri: era sempre nella stanza ma con la testa con loro chissà dove. Moltissimi vorrebbero essere nei panni di Lamine Yamal, il giovane talento del Barcellona: approdato alla Masia a soli nove anni e da lì in poi non ha più lasciato la società catalana se non per qualche istante, con la mente, quando i colori del tramonto che vedeva dalla finestra di camera sua gli ricordavano le calde sere estive in Marocco. Record di dribbling, record di precocità e già convocato dalla Nazionale Spagnola che non si è voluta far scappare il giovane talento, già accostato a Messi, l’icona dei Catalani, e che già a soli 16 aveva un ingaggio da milioni da euro ma che, per le magie e le prodezze dimostrate in campo durante questi due anni, raddoppierà a inizio settembre 2025. “Yamal guadagnerà quasi un euro al secondo” questi il titolo presentato dal quotidiano calcistico spagnolo “Marca”. Quello che potrebbe sembrare un sogno, una vita perfetta è in realtà velato ancora dal rumore di uno sparo, quello che la Guardia Civil, la polizia spagnola, ha tirato contro una rivolta di migranti che lottavano per evitare di essere rimpatriati. Tra questi vi erano anche Lamine, grande lavoratore per un’azienda edile, e Yamal, scaricatore di porto di una ditta le cui navi attraccavano proprio a Barcellona. Entrambi non sono accumunati soltanto per i loro nomi dal giovane talento ma anche dalla loro passione per il calcio, unica che gli dà un po’ di leggerezza in una vita così frenetica, e per il fatto che sono legati da un doppio filo con la famiglia della stella: in un momento di difficoltà economica aiutare il padre e la madre del ragazzo permettendo a quest’ultima di portare a termine la gravidanza. Fu proprio con questi amici di famiglia che il giovane iniziò a muovere i primi passi con il pallone, prima di essere rintracciato dagli scout del Barcellona tra il 2013 e il 2014, e con cui si diverta a dribblare persino le persone in strada. Lui agile e veloce, si trova in mezzo a quella folla ma è troppo piccolo per capire certe e cose come funziona il mondo per certi aspetti vede la massa che urla, è spaventato, la polizia li chiude, lui si trova lì in mezzo senza capire fino a quando trova davvero un piccolo varco, proprio come fa ora per saltare le difese, e salta pure la polizia, ma quando si volta…

-Corri Yamal, corri!-

Dietro di lui Yamal e Lamine non vi erano più, era venuto a mancare chi era stato come lo sono ora Lewandoski o Ter Stegen per la sua infanzia, c’era solo chi scappava, chi veniva allontanato, caos, sirene e tanta certezza. -Ti avevo detto di non allontanarti!-

Lo ammonisce subito prontamente il papà che si affretta a caricarlo in macchina e portarlo via perché si era spaventato perché l’aveva momentaneamente perso di vista e aveva davvero pensato di perderlo. Com’era possibile che nel giro di così poco avesse perso due punti così cardini della sua vita? Quelle urla di confusione, morte gli erano tornate alla mente e vi risuonano con un rumore ben diverso dalla “ola” che sente ogni volta che arriva al Camp Nou. Quando arrivi a certi livelli non è facile, se fino a poco tempo prima non ti volevo nemmeno come compagno di banco i ragazzi di scuola: “È povero.”, “Sei un clandestino.” “Immigrato, se stai male torna in Marocco con la famiglia.”, erano le offese più comuni da parte dei genitori di molti bambini. Da tutto questo ormai il giovane attaccante è uscito ma dal rumore di quello sparo che ha ucciso una parte di lui il calcio, i soldi e il Barcellona non lo hanno ancora liberato. Il giornalista dopo quel silenzio continuò l’intervista: -Ti trovi bene ora?- Botta e risposta secca e continuarono così fino alla fine.

Alla fine, il numero 19 rimise le cose nello zaino e se ne andò ma stavolta pesava più del solito.

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