Questo selvaggio non è poi così buono5 min read

Uno scontro cruento tra razionalità e istinto

di Matteo Pierini

   Scritto nel 1952 da William Golding, Il signore delle mosche racchiude nella sua essenza gli eventi più significativi vissuti dall’autore inglese e viene considerato uno dei racconti più avvincenti sotto il profilo psicologico.

   Nonostante il suo enorme successo, che permise al suo autore di conseguire la stabilità economica, e pur essendo divenuto un best seller tra i giovani universitari, non fu semplice pubblicarlo, perché non convinse molto le case editrici inglesi e ben ventuno editori rifiutarono la sua pubblicazione. Solo dopo due anni di tentativi, nel 1954, la casa editrice Faber and Faber riesaminò l’elaborato e T.S. Eliot formulò il titolo del romanzo affinché risultasse una metafora per ricordare la malvagità di Satana.

   Fin da bambino, Golding aveva sviluppato una forte vocazione religiosa, al punto da trasferirsi in una colonia cristiana inglese dove svolse l’attività d’insegnante in una scuola elementare. Successivamente venne chiamato ad arruolarsi nell’esercito durante la Seconda Guerra Mondiale; arruolato in Marina, faticò ad adeguarsi agli ordini impartiti dai superiori.

   Sotto le armi si occupò di testare le mine e dragare le mine; da un nonno minatore, inoltre, mutua teorie poco ortodosse in quanto a materia di esplosivi e pubblicò il tutto in un saggio. Le altre gerarchie militari notarono la sua abilità e inserirono lo scrittore in un gruppo di ricerca missilistico, ma al primo fallimento Golding chiese che gli fosse affidata una nave, con la quale si distinse per la distruzione della corazzata tedesca Bismark e durante lo sbarco in Normandia.

   Golding avrebbe voluto inserire riferimenti più espliciti riguardo ad una guerra nucleare e alla malvagità umana, ma furono ritrovate delle lettere scritte tra lui e il suo editore in cui quest’ultimo lo esortava a non farlo.   In quegli anni la paura di un possibile conflitto atomico tra la Russia e gli U.S.A. era molto alta in ogni nazione del mondo ed era preferibile cercare di trasmettere un messaggio più “positivo” nel finale, un messaggio che dicesse che tutto poteva risolversi bene, anche nelle situazioni peggiori e tragiche.

   Finita la guerra, l’autore tornò a svolgere il suo vecchio lavoro in un’altra scuola elementare, dove condusse un esperimento che risultò di cruciale importanza per la composizione dell’opera di cui sto scrivendo: una mattina l’insegnante propose ai suoi alunni di instaurare un dibattito riguardo vari temi che lui avrebbe proposto e Golding osservò che i bambini erano riuscito a svolgere il compito assegnato in maniera democratica, ma dopo, quando l’insegnante decise di uscire dall’aula per assistere all’evoluzione della vicenda, osservò che il loro comportamento era cambiato; risultavano più prepotenti ed aggressivi, manifestando atteggiamenti violenti.

   Come in quella scena, il comportamento dei personaggi del romanzo rappresentano l’incarnazione della malvagità e della crudeltà umana. Tutta l’essenza del romanzo è racchiusa in un’unica frase: “gli uomini producono il male come le api producono il miele”. Dunque, un suo tema fondamentale è la concezione pessimista dell’uomo: egli è cattivo e violento per natura e tende sempre a fare del male. L’istinto animalesco spesso prevale sull’intelligenza.

   Il conflitto tra il bene e il male, tra la ragione e l’istinto assume un ruolo decisivo per la società creata dai ragazzi, Ralph e Piggy dopo aver soffiato all’interno di una conchiglia di Strombo (conchiglia particolare in grado di riprodurre dei suoni gravi applicando dell’aria in una delle sue estremità bucate) riescono a unire i ragazzi sperduti sull’isola, raggruppati tutti, i due protagonisti creano una piccola comunità regolata dalla spartizione di ruoli essenziali per mantenere la sopravvivenza in quel luogo sperduto, come: raccogliere provviste, costruire rifugi e accendere una pira utilizzando rami secchi e verdi per produrre fumo, dunque un segnale per le navi di passaggio.

   Ma ben presto la piccola collettività degenera in balia dell’ossessione della caccia selvaggia di Jack, ragazzo capo di un coro ecclesiastico, trasformandolo nel gruppo dei Cacciatori.

   Col passare del tempo l’istinto selvaggio prevarrà sulla razionalità dei due protagonisti, rendendo la solare comunità una temeraria tribù, devota a una bestia astrale.

   Ciò distrugge completamente il mito del “buon selvaggio”. Secondo questa concezione, tipica della filosofia illuministica, originariamente l’uomo era una creatura pura, buona e pacifica; egli però è degenerato, corrotto dalla società e dal progresso. Non è più un uomo naturalmente socievole, disponibile nei confronti dei propri simili, ma è diventato un essere egoista.

   Inizialmente i ragazzi cercano di stabilire un ordine e ispirandosi alla società in cui erano abituati a vivere tentano di riprodurre un modello democratico organizzato con la spartizione di compiti da svolgere, ma in secondo piano verrà istituita una gerarchia e in seguito si trasformeranno in un’unica tribù con il solo scopo di uccidere per sopravvivere.

   La vicenda del romanzo si incentra poi su una creatura ancestrale che non esiste. La sua esistenza viene associata al corpo, ormai defunto, di un aviatore militare morto durante uno scontro aereo con un altro pilota militare: il corpo espulso dall’aereo cade nell’isola e rimane appeso ai rami degli alberi grazie al paracadute del pilota. I ragazzi non riescono a distinguere la figura umana del pilota, poiché nel romanzo viene chiarito il fatto che vedono il corpo in decomposizione solamente durante la notte. Molti fattori, come il buio, le ombre, il paracadute ancora aperto e la poca luce emessa dal fuoco, fanno credere ai ragazzi di trovarsi davanti una strana, misteriosa e gigantesca creatura.

   Dunque Golding implicitamente fa notare al lettore quanto siano influenti le paure irrazionali nei bambini, i quali, mentre si trovano nell’isola, non capiscono che una bestia simile non può esistere e manifestano le tipiche paure e gli atteggiamenti dei bambini. Non essendoci alcun adulto a controllarli, quest’ignoranza porterà alcuni di loro a commettere atti di violenza, proprio come l’esperimento che l’autore del libro fece nella sua classe.

   Attraverso i bambini, Golding vuole quindi trasmettere un messaggio importante quanto decisamente pessimista, secondo cui l’uomo, se non viene sottomesso da un’entità superiore in grado di mantenere l’ordine, come ad esempio lo Stato – ovvero ciò che Thomas Hobbes definisce come il Leviatano, un mostro biblico – commetterebbero atti di violenza e omicidi, diventando essi stessi come dei lupi sempre pronti a sbranare altri lupi.

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