“Se le bestie sentono, come si giustifica il farle soffrire?”4 min read

Immagine di Menesteo su Wikimedia Commons. CC BY-SA 4.0

L’attualità del pensiero di Piero Martinetti

di Lavinia Gabbrielli

Piero Martinetti (1872-1943) è stato uno dei 18 accademici italiani e l’unico filosofo che si sia rifiutato di giurare, nel 1931, fedeltà al fascismo. La cultura religiosa orientale e la filosofia di Schopenhauer ne influenzarono probabilmente le posizioni in ambito etico, come risulta da alcuni manoscritti, raccolti e pubblicati una ventina di anni fa a cura di Alessandro Di Chiara, in cui si è a lungo soffermato sulla Pietà verso gli animali. In questo piccolo libro, Martinetti analizza le affinità che esistono tra la coscienza animale e quella umana, sia su base scientifica che su base metafisica, confrontandosi con le teorie filosofiche precedenti.

Cartesio, ad esempio, divideva i principi sostanziali della realtà in spirito (immateriale, immortale, razionale) e materia (capace di quiete o movimento). Pensava agli animali come puri sistemi di movimenti meccanici che non provavano alcun sentimento. Per Cartesio gli elementi distintivi della coscienza erano la ragione e il linguaggio. Martinetti ne riassume la posizione come segue:

“Plutarco nel suo opuscolo sull’intelligenza d’animali (cap.III) dice che secondo alcuni naturalisti gli animali non provano in realtà sentimento alcuno: essi sono come delle macchine che hanno l’apparenza esteriore di sentire, ma che in realtà non sentono. Questa è stata, come è ben noto, anche una teoria della scuola cartesiana. Cartesio, avendo ridotto i principi sostanziali della realtà a due, lo spirito sostanza immateriale, pensante, razionale, immortale, e la materia, sostanza estesa, capace unicamente di quiete e di movimento, ed avendo soppresso tutti i principi intermediari, non può ammettere nell’animale altro che un sistema di movimenti meccanici: non c’è né anima vegetativa, né forza vitale: l’unione del corpo e dell’anima e il loro accordo sono per Cartesio una specie di miracolo continuo. Negli animali non era possibile ammettere un principio senziente diverso dalla materia senza farne degli esseri razionali ed immortali: essendo ciò per Cartesio un assurdo, egli pensa gli animali come pure macchine”.

Oltre due secoli dopo, ma ancora sulla scia di Cartesio, il biologo Giacomo Loeb riteneva che gli atti degli animali rispondessero in modo meccanico agli stimoli fisico-chimici esercitati sull’organismo, definendoli “tropismi”. In questo caso l’elemento distintivo della coscienza è la scelta. Come riferisce ancora Martinetti, Loeb pubblicò, verso il 1888, “alcune memorie nelle quali è studiato il modo di comportarsi degli animali inferiori di fronte a certi stimoli come la luce, il calore ecc. Egli arriva alla conclusione che gli atti di questi animali non sono che effetti meccanici di queste forze risultanti dall’azione fisico-chimica che esse esercitano sull’organismo: ad essi egli ha dato il nome di tropismi”.

Ancora prima di Cartesio e di Loeb, gli scolastici riconducevano tutta la vita animale al concetto d’istinto. Contro le teorie degli scolastici, contro quelle cartesiane e contro quella dei “tropismi” Martinetti mette in rilievo l’autonomia e la spontaneità della coscienza nella vita animale: per lui l’animale è un essere che differisce dall’uomo solo per il grado d’intelligenza, ma non per la vita interiore. Quest’ultima traspare dall’atteggiamento, i gesti e la fisionomia degli animali che sono capaci di moralità, di affetto e riconoscenza. Essi provano la stessa sofferenza degli uomini innocenti, vittime della malvagità umana.

“Se le bestie sentono – scrive Martinetti – come si giustifica il loro soffrire? Non vi è nulla che gridi così altamente contro la bontà e la giustizia divina come il dolore animale. Le ragioni, con cui si tenta giustificarlo, non hanno nessun valore: sono sofismi ridicoli e crudeli. Il dolore che innumerevoli poveri esseri innocenti soffrono sulla terra senza speranza e senza ragione è tale iniquità, che dovrebbe oscurare anche la beatitudine eterna del cielo”.

Martinetti propone perciò una morale superiore, basata su giustizia e carità, dove la pietà rappresenta l’unione tra l’uomo, la natura e gli animali e non si limita a rivendicare la dignità dell’animale, ma vuole dimostrarne i suoi diritti e le sue facoltà spirituali. Alla luce di queste convinzioni, il modo con cui Martinetti affronta il rapporto degli esseri umani verso il mondo animale, la sua sensibilità e il suo vegetarianismo, si dimostrano tutti di grande attualità.

Piero Martinetti, Pietà verso gli animali, Il nuovo melangolo, Genova, 1999, pp.147 (a cura di Alessandro Di Chiara).

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