Megan is missing, il fim

di Hermione Buensuceso

A quasi dieci anni dalla sua uscita, il film Megan is Missing è diventato virale sul social più popolare del 2020, Tiktok, così all’improvviso senza un particolare motivo, suscitando da parte di molti giovani reazioni terrorizzate poi condivise su tutte le piattaforme. L’invito di non guardare il film ha scatenato naturalmente l’effetto contrario, rendendo il film un trend sui social, dimostrando ancora una volta il potere di trasmissione di questi.

Ma cosa rende questo film così impressionante e traumatizzante? Sono curioso, dovrei vederlo?

Iniziamo col dire che Megan is Missing è un horror found footage diretto da Michael Goi, regista conosciuto per aver lavorato con Ryan Murphy per le serie American Horror Story e Glee, e fu girato nel 2006 ma gli ci vollero cinque anni per trovare qualcuno che distribuisse il film. Venne addirittura censurato in Nuova Zelanda, dove è stato definito inappropriato e nocivo al bene pubblico, a causa della rappresentazione esplicita di aggressioni e violenze sessuali che avevano come protagonisti normali adolescenti.

Megan is Missing è incentrato su due amiche di 14 anni, Megan Stewart e Amber Herman. Megan è una ragazza popolare a scuola, ma con un passato di abusi da parte del patrigno mentre Amy è tormentata da bulli a scuola, e tra le due nasce un grande rapporto di amicizia tra le varie esperienze adolescenziali. Insomma, due personaggi molto stereotipati ma a cui ti affezioni, perché provi una certa empatia essendo tue coetanee. Internet stava aprendo la sua strada in quegli anni e si stava inoltrando nelle vite di ogni persona, specialmente dei teenager. Megan conosce un ragazzo online di nome Josh, e un giorno, tra videochiamate e videochat, sparisce. L’amica Amy comincia a cercarla, soprattutto quando in rete cominciano a circolare foto di Megan torturata in un sito pornografico. E subito dopo sparisce anche Amy.

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Le giuste regole per uscire di casa dopo l’estate

di Irene Stefanini

   Circa due settimane fa s’è conclusa la sessione di settembre della Fashion Week milanese, rivelandoci le nuove mode che troveremo nei prossimi mesi. É giusto quindi, visto che l’autunno non s’è fatto attendere, prepararsi con il giusto equipaggiamento.

   La parola d’ordine per i colori delle prossime stagioni sarà “accesi”: che si parli di colori freddi o caldi, l’obbiettivo di questo autunno-inverno è risaltare e farsi notare pertanto la palette che andrà per la maggiore sarà la Winter, in cui il contrasto è al massimo. I colori di quest’anno accontenteranno sia le più timide che le più audaci. Il nero tornerà a far da padrone, come abbiamo già potuto intuire dalla passerella di Venezia per il cinema, accompagnato però dal blu, nelle sue sfumature più accese, dal rosso, sia caldo che freddo, dal lime e dal rosa shocking; coloro che però preferiscono colori più sobri potranno affidarsi al bianco “guscio d’uovo”, simile al crema, al verde smeraldo e all’intramontabile marrone “cammello”, tonalità che da anni ormai accompagna i nostri autunni.

   Per le mode tessuti si fa un salto indietro agli anni ottanta; tirate fuori dagli agli armadi e dai bauli vostre giacche vecchie di pelle e i pantaloni attillatissimi in vinile perché è tornato il loro momento. Accanto a questi troveremo anche il velluto e le lane grosse, tessuti caldi e comodi che renderanno l’alzata mattutina un po’ meno traumatica. Passando allo stile romantico e bon ton torniamo un po’ tutti bambini e ci circondiamo di palloncini: capace sia di donare volume che di nascondere qualche forma di troppo il palloncino, sulle maniche o direttamente come forma del capo, accontenta tutte colore che non amano i vestiti attillati quanto una seconda pelle. Pertanto queste potranno gioire anche per un’altra moda molto comoda e coprente: maxi cardigan e mantelli o cappe ci terranno caldo nelle giornate più difficili da affrontare, con la loro morbidezza ci sapranno avvolgere come solo il piumino del letto sa fare. Queste saranno utili anche per coprire quella fascia stretta di pelle che sarà inevitabile visto che sembra che la vita bassa stia cercando di tornare tra noi, con somma tristezza di tutte coloro che non hanno un pancino piatto o soffrono gli spifferi d’aria fredda invernale, circa il novanta per cento della popolazione femminile mondiale. Per le occasioni più formali e classiche si ricorrerà invece all’armadio del nostro lui o della nostra nonna: stavolta non dovremo inventare scuse per comprare quella bella cravatta da uomini o quella giacca dal taglio maschile; mentre invece per le più femminili si torna indietro di altri quarant’anni dai nostri amati ’80 per i completi anni ’40, con tanto di guanti. Si allungheranno ma rimarranno sempre in auge le jumpsuite, anche nelle versioni più stravaganti, come ha dimostrato la tutta in jeans con schizzi di vernice, per ora solo in versione maschile, della Ralph Lauren. Per coprirci le sere di uscita useremo sia degli eleganti shearling che dei più giovanili bomber e boxi.

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Tra l’attesa e la paura di viverla

Le notti bianche di Fedor Dostoevskij

di Silvia Picchi

“…Fu creato forse allo scopo di rimanere vicino al tuo cuore, sia pure per un attimo? …”

Ivan S. Turgenev

   Era il 1848 quando il giovane Dostoevskij pubblicò per la prima volta “Le notti bianche” su una rivista letteraria russa e proprio con questa citazione si apre il suo celebre racconto, probabilmente a sottolineare la potenza emotiva di questo grande lavoro.

   Questa storia descrive profondamente tutti quelli che sognano ad occhi aperti, che spesso perdono il contatto con la realtà che li circonda, che fantasticano immergendosi completamente in un libro o, ancora più frequentemente al giorno d’oggi, nella rete Internet attraverso lo schermo dello smartphone.

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Natura e cultura attraverso la vita di un cane

di Giulia Meconi

“Del nomade passato nostalgia

Spezza del viver nostro le catene, 

E dal nebbioso sonno ove dormía 

Desto lo slancio ferino rinviene.”  

   Questa poesia è molto significativa e riassume molto bene il contenuto e soprattutto il messaggio de Il richiamo della foresta, che è forse il più celebre libro d’avventure di Jack London, insieme a Zanna bianca. Il titolo originale è The call of the wild. Appartiene alle opere giovanili di London come ci attesta l’uso di un linguaggio semplice, esplicito e spedito che non troviamo nei suoi romanzi della “maturità”.                 

   Ambientato nelle gelide foreste in Alaska, nel Klondike, terra della corsa all’oro negli anni in cui London ambienta la sua storia, ha come protagonista Buck, un gigantesco cane, un incrocio tra un San Bernardo e un pastore scozzese, che fugge dalle leggi dell’uomo per riprendere la sua esistenza selvaggia a contatto della natura.

   “Buck non leggeva i giornali altrimenti avrebbe saputo quale guaio stava bollendo in pentola, non per lui soltanto, ma per tutti i cani d’una certa mole con forte muscolatura e un caldo e lungo pelo, dallo stretto di Puget fino a San Diego. Giacché annaspando nelle tenebre linee marittime e compagnie di trasporti antiche gli uomini avevan scovato un biondo metallo, e linee marittime e compagnie di trasporti davano risonanza alla scoperta, migliaia e migliaia di persone accorrevano verso le terre del Nord.” 

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