Le costituzioni e i tornanti della storia. Un’intervista a Michele Ainis

A cura di Alessandro Rosati

Alessandro Rosati: Le faccio una domanda giusto perché ci rivolgiamo a un pubblico principalmente di adolescenti e la gestione del tempo è una cosa importante. Lei ha collaborato con La Repubblica, L’Espresso, Il Corriere della sera, La Stampa e quindi la mia domanda è: quanto è difficile nel suo lavoro gestire tante attività e come è solito organizzarsi?

Michele Ainis: Bella domanda… lavoro pure la domenica e quindi diciamo che uso tutto il tempo che ho a disposizione… e poi penso che sia uno stimolo stare sopra più tavoli, fare più mestieri. Se dovessi dire, a voi ragazzi che fate il liceo scientifico, qual è la cosa che faccio con più interesse in realtà, è dedicarmi alla narrativa… tra un paio di mesi esce il mio terzo romanzo, anche quello non so quando l’ho scritto… ma l’ho scritto.

A. Rosati: Ho visto che ha scritto tanto, le volevo fare una domanda un po’ più specifica: nel 1999 lei ha pubblicato se 50.000 leggi vi sembran poche e, parlando di un paradosso tutto italiano e anche della burocrazia eccessiva, la mia domanda è: a distanza di vent’anni cosa è cambiato?

M. Ainis: La situazione è peggiorata, nel senso che prima si scrivevano troppe leggi e adesso se ne scrivono di meno, ma con troppi commi. Quindi se noi andiamo a misurare la quantità complessiva, questa quantità è cresciuta. Io questo tema l’avevo affrontato nel primo libro, dopo aver vinto la cattedra universitaria che uscì fuori dai circuiti accademici, che non era quello che citava lei. Due anni prima infatti era uscito da Laterza La legge oscura … in cui si parla dei labirinti dei nostri diritti legislativi e dell’inferno burocratico che ne deriva. Poi nel ‘99 feci questo libro con Vincino… Vincino era un vignettista, è stato un personaggio molto importante, è morto un paio di anni fa. È anche personalmente uno degli incontri importanti della mia vita perché poi siamo diventati amici… Vincino fu quello che fondò Il Male, … che era un giornale satirico degli anni ‘70 e ha fatto un pezzo di storia del costume italiano. In ogni caso anche questo libro del ‘99 cavalcava quell’argomento, ma utilizzava soprattutto degli editoriali che in quel periodo scrivevo su La Stampa di Torino come mattoni per costruire questo libro. La sua domanda è: perché? Perché io credo che il prepotere e a volte la prepotenza della burocrazia derivi dalla debolezza della politica, e quando la politica è debole, ed è debole perché non è capace di produrre decisioni chiare, e allora che fa? Fa dei pasticci, fa dei compromessi che sono puramente verbali, scrive una legge che dice “abacadabra” (formula per indicare un testo di legge qualsiasi ndr), e a quel punto il funzionario delle imposte o del comune la interpeta come gli pare e il giudice che deve poi applicare quella legge diventa il legislatore. E “abracadabra” che significa? Non significa nulla… ma l’origine di tutto questo è sempre in una debolezza della politica.

A. Rosati: Quindi diciamo una debolezza della politica che poi si traduce in troppe voci che devono interpretare testi delle leggi.

M. Ainis: Sì, un po’ è questo…

A. Rosati: In Italia invece abbiamo un altro documento, che peraltro lei ha già trattato, fondamentale e forse il migliore che abbiamo: parlo ovviamente della Costituzione. A distanza di più di 70 anni dalla scrittura, come fa la Costituzione ad essere ancora così attuale?

M. Ainis: Questa è una domanda che richiederebbe molte parole, però se devo dirlo con una battuta, è perché i costituenti 72 anni fa riuscirono a coltivare la virtù della semplicità, della chiarezza. Un linguaggio generale e non pignolo come spesso è il linguaggio delle nostre leggi, un linguaggio generale che consente a ciascuno di riconoscersi nella Costituzione. Quando vi si leggono termini come libertà, solidarietà, uguaglianza… non sono respingenti, non sono parole che respingono, ma che accolgono. Essendo scritte in termini generali… potrei fare molti esempi, ma basta leggere la prima parte della Costituzione… sono parole che riescono a ricevere, assorbire dei significati diversi rispetto a quelli che avevano in testa i costituenti. L’articolo sulla libertà di manifestazione del pensiero, l’Articolo 21, per esempio. Quando venne scritto c’erano la radio e la carta stampata, non c’era ancora la televisione, la televisione comincia a metà degli anni 50, e tantomeno c’era Internet. Però l’Articolo 21 protegge la libertà di informazione, di comunicazione attraverso certamente la televisione e attraverso certamente internet, perché è stato scritto in termini molto generali.

Leggi tutto “Le costituzioni e i tornanti della storia. Un’intervista a Michele Ainis”

Revenge porn, slut-shaming and victim blaming

di Martina Pasquinelli

   In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25/11 è appropriato approfondire un argomento molto discusso sul web negli ultimi giorni, ma generalmente poco considerato, o considerato sotto solo alcuni punti di vista.

   Revenge porn è un’espressione che indica la condivisione non consensuale di materiale intimo, come si percepisce dal suo nome, “vendetta porno”, questo gesto si basa su vendetta e possesso.

   Solitamente quando viene resa pubblica una foto di qualche ragazzina il primo pensiero di chi la riceve è in riferimento alla sua mancanza d’etica, alla bassa supervisione da parte dei genitori o anche più frequentemente si limita a termini offensivi ed affermazioni superficiali.

   Questo perché è abitudine della società moderna criticare senza conoscere il soggetto di cui si parla, oppure affermare sentenze valutando solo una parte del fatto.

   Purtroppo occorre ammettere che è davvero minima la percentuale di persone che riconoscono l’errore nel gesto del ragazzo, il quale può aver causato enormi danni psicologici e sociali alla ragazza in questione, compromettendole il futuro e mettendo a dura prova il suo carattere.

Leggi tutto “Revenge porn, slut-shaming and victim blaming”

Una nuova legge sull’aborto in Polonia mette in dubbio i diritti femminili

di Giulia Cianchi

Nelle scorse settimane in Polonia ci sono state molteplici manifestazioni in numerosissime città ma soprattutto nella capitale Varsavia. La causa scatenante è stata la modifica della legge sull’aborto poiché non è più possibile effettuarlo se vi sono malformazioni al feto, equivalente al 2% degli aborti legali, ma solo in caso di stupro o in caso di pericolo di vita per la madre. Questo fatto farà incrementare pertanto gli aborti illegali facendo correre alle madri grossi rischi.

Le manifestazioni sono cominciate la sera del 22 ottobre e, per il corrente lockdown, la maggior parte dei partecipanti ha quindi protestato munita di mascherina e, quando possibile, con le adeguate distanze. Le proteste erano coordinate dallo sciopero generale delle donne. In moltissimi si sono uniti alle marce delle donne ed è spiccata la presenza di molti giovani, un elemento di rottura con il passato e novità dato che, negli ultimi anni, non avevano mai assunto l’iniziativa delle proteste. Radunandosi nelle strade e nelle piazze, non veniva chiesto solo il diritto all’aborto, ma pretendevano anche la cacciata del governo e non intendevano accettare alcun tipo di compromesso. Il movimento rivendica anche la separazione tra governo e giustizia, come tra stato e chiesa, oltre all’allargamento dei diritti sociali e civili. Le proteste sono state pertanto clamorose ed impressionanti per la partecipazione di non solo donne, protagoniste di tale legge, ma di chiunque, e anche per i gesti compiuti: persone che occupavano le Chiese, marce e scioperi, in particolare il 28 ottobre ce n’è stato uno nazionale delle donne, mentre il 30 ottobre a Varsavia vi è stata una grossa manifestazione con oltre 100mila presenze.

Leggi tutto “Una nuova legge sull’aborto in Polonia mette in dubbio i diritti femminili”

La categoria è: vivi, sfoggia, posa!

di Nello Benassi

“Vivi, sfoggia, posa” esclama la voce di Billy Porter nella sigla della serie tv ‘Pose’, che ha fatto il suo debutto il 3 giugno 2018 sull’emittente statunitense Fx. Prima ancora di essere frutto della penna di Rhyan Murphy, il re Mida della televisione americana, la serie nasce da un vecchio documentario. Bastano poche ricerche in rete per trovarlo: si chiama ‘Paris is burning’ di Jennie Linvingstone ed è una perla rara di realismo.

La serie ci teletrasporta nel tempo e nello spazio: sono gli anni ‘80 e ci troviamo nel quartiere Harlem di New York. Quando lo scontro razziale era al suo picco massimo e all’orizzonte si sentiva il profumo della rivoluzione che avrebbe travolto la nazione all’alba del nuovo secolo. 

Nella città che non dorme mai non c’era spazio alla luce del sole per le minoranze. Essere neri, ispanici, omosessuali, drag o transgender significava avere una vita tutt’altro che facile.

L’unico posto in cui queste persone potevano brillare e illuminare quell’oscurità a cui erano stati costretti dalla società erano le cosiddette ‘ball room’: piste da ballo in cui le persone, raggruppate in house (famiglie), si sfidavano partecipando alle ball (competizioni) suddivise in categorie. In mancanza di un affetto genitoriale sul quale contare a causa dell’affermata omosessualità, quella house diventa per molti l’unica casa dove sentirsi amati, rispettati e al sicuro. Sarà proprio questo il motivo che nella serie spingerà Blanca, una donna trans di origini ispaniche, a creare la propria ‘house’ con l’intento di salvare i giovani abbandonati a se stessi e dar loro la speranza di un futuro. 

Leggi tutto “La categoria è: vivi, sfoggia, posa!”