La formazione musicale per un mondo migliore7 min read

di Michele Puccini

El Sistema” è un progetto didattico legato alla musica che, in collaborazione con il governo venezuelano, negli anni settanta si propone di aiutare i giovani che vivono nei quartieri più poveri del Paese a sviluppare la loro personalità e a diventare cittadini responsabili offrendo loro opportunità ricreative, sociali ed educative. Il modello venne elaborato da José Antonio Abreu, morto nel 2018.

Ex politico, educatore, musicista, economista e pedagogista, Abreu ha lottato a lungo per combattere fenomeni come la criminalità organizzata e la dipendenza da droghe a livello giovanile nella Nazione, infatti molti ragazzi ed adolescenti, a causa della terribile crisi economica che da anni grava sullo Stato, si sono trovati costretti a stare in un altro tipo di “Sistema”, dove lo spaccio, le attività a stampo mafioso e il commercio di persone sono la normalità.

La Fundación del Estado para el Sistema Nacional de las Orquestas Juveniles e Infantiles de Venezuela è l’organo che si occupa di gestire “El Sistema” e lo ha definito come “un progetto che mira ad organizzare sistematicamente l’educazione musicale ed a promuovere la pratica collettiva della musica attraverso orchestre sinfoniche e cori, come mezzo di organizzazione e sviluppo della comunità”.

L’opportunità di vedere il documentario dovrebbe essere apprezzata da tutti e permette di riflettere su molti temi. In primo luogo fa osservare e capire come la musica possa aiutare nel diventare cittadini attivi attraverso un’adeguata formazione musicale e culturale.

Fin dall’Antica Grecia, già con Pitagora, la musica veniva strettamente collegata con altre discipline come la matematica e l’astronomia, in quanto ogni astro seguiva movimenti regolari con determinate frequenze. Anche i suoni avevano frequenze matematiche e per Pitagora quindi affermare che gli astri, muovendosi, producevano un suono e che queste tre discipline fossero in perfetta armonia tra loro era corretto.

Gli stessi Professori delle scuole di musica mostrate, durante le lezioni di solfeggio, insegnavano agli studenti a saper leggere gli spartiti musicali in 3/4 e in 4/4, il che richiede di conoscere valore e durata delle pause e delle note, migliorando anche le loro competenze trasversali.

Inoltre suonare o cantare un brano, a prescindere di quale esso sia, richiede un’enorme quantità di ore di studio perché per saperlo rappresentare correttamente bisogna comprendere fino in fondo ciò che l’artista vuole trasmettere, quali sono le sue passioni, la sua storia e il suo modo di vedere il mondo, impegnando anche l’aspetto storico, sociologico e psicologico.

Un’altra cosa che colpisce moltissimo di “El sistema” è la componente umana su cui si fonda tutta la realizzazione del progetto. Una scena veramente toccante durante il documentario è l’intervista fatta a dei bambini che affermano che i loro professori non gli dicono di “suonare con la testa” ma di farlo con il cuore. Si crea un bellissimo clima di fratellanza ed empatia all’interno di queste orchestre sia tra studenti che tra insegnanti.

Altro momento che fa riflettere è quando viene mostrato l’ufficio amministrativo della società dove si possono osservare i dirigenti e i segretari che lavorano quasi undici ore il giorno per trecentosessantacinque giorni l’anno senza mai fermarsi e tutto questo solo perché veramente interessati e preoccupati del futuro delle persone coinvolte, facendo proprie virtù come la ricerca di una giustizia sociale, di una possibilità di riscatto e di miglioramento della condizioni di quelli che vengono definiti spesso i “perdenti” o gli emarginati della società. Molti dei ragazzi che entrano in queste scuole di musica non potrebbero mai permettersi nemmeno uno strumento musicale che gli viene fornito in maniera del tutto gratuita. Se questo progetto non vi fosse le ore che investirebbero in ciò verrebbero molto probabilmente spese in strada a girovagare per i quartieri di Caracas o altri Stati del Venezuela, dove il rischio di essere arruolati come malviventi all’interno di gruppi criminali è molto più alto rispetto che da noi in Italia o in generale in Europa.

Questo film-documentario fa dunque capire anche su quanto siamo fortunati in base al luogo dove nasciamo e che non bisognerebbe mai dare niente per scontato, nemmeno la nostra attuale condizione, e che per aiutare tutti coloro che si trovano in difficoltà bisogna creare una società migliore, dove il rispetto delle persone, della cultura e dell’arte (che sia musica, che sia pittura, che sia poesia) sono pilastri, mettendo in pratica anche un articolo fondamentale della nostra Costituzione, il numero 9, che spesso viene tralasciato, dove si dice che la Repubblica si impegna a tutelare il progresso, la ricerca e il suo stesso patrimonio intellettuale.

Specialmente noi lucchesi dovremmo lottare nell’ambito di avere giovani che apprezzino la musica e che facciano propria questa passione.

Il nostro conservatorio, l’Istituto Boccherini, gode di un prestigio non indifferente a livello nazionale e la nostra città ha dato i natali a un mio lontano parente, Giacomo Puccini, che con le sue opere ha incantato il mondo, ma anche ad Alfredo Catalani, realizzatore, tra l’altro, della famosa “Messa a 4 voci”, e Luigi Boccherini, a cui è intitolato proprio il conservatorio e che seppe affermarsi anche in Austria e Spagna, allora potenze sia economiche che culturali.

Un’altra cosa molto importante, per educare i ragazzi, sarebbe continuare, una volta terminata la scuola media, l’insegnamento della storia della musica e collegarlo con la storia dell’arte, infatti concluso il liceo tutti noi conosciamo il “Guernica” di Picasso o i “Bronzi di Riace” dell’Antica Grecia ma davvero pochi saprebbero distinguere le sinfonie degli Autori citati prima.

La nostra condizione di benessere, più o meno generalizzata, ci porta a dare per scontato e svalutare l’importanza che la cultura stessa ha avuto per arrivare fin dove siamo quando non bisognerebbe mai dimenticare le nostre radici e cadere nell’ignoranza.

Con questo voglio anche affermare che sono convinto che ci sia più arte, più voglia di apprendere, più cultura e più civiltà in quei bambini in difficoltà in Venezuela rispetto che da noi, dove molti ragazzi, che magari suonano pure uno strumento, vedono quella di chitarra o violino come “una semplice lezione”, aggiuntiva alle altre e che non apprezzano l’enorme dono che hanno tra le mani.

Un personaggio nell’ambito della musica, che durante la sua vita, seppur troppo breve, si è distinto in ciò è stato Ezio Bosso, scomparso nel 2020 a causa delle complicanze di un tumore al cervello e di una malattia autoimmune contro cui lottava dal 2011.

Bosso, nonostante abbia vissuto negli ultimi anni in condizioni di disabilità, è attualmente riconosciuto come uno dei più musicisti europei più significativi, tanto da essere invitato pure a tenere un importante discorso presso lo stesso Parlamento Europeo.

Si inoltre è distinto nel sociale, facendo numerose donazioni a persone meno fortunate di lui, che vivevano nelle sue stesse condizioni, attraverso svariate associazioni benefiche e anche in fondo alla sua vita, quando non poteva più camminare, ha lottato per essere ugualmente presente sul palco dell’Ariston a Sanremo, come direttore-ospite, a dirigere la sua orchestra.

Il fatto che una persona, anche se in quella situazione, sia riuscita a lottare per un qualcosa in cui credeva e che amava davvero, dimostra che tutti possono e hanno il dovere civico di farlo.

Detto questo, sia “El Sistema”, sia le lezioni di musica di Bosso costituiscono modi efficaci e toccanti per avvicinarsi alla musica, a qualsiasi età. La visione di certe scene può portare infatti a dei veri e propri “risvegli” di coscienza e per migliorare noi stessi o rivalutare la nostra posizione su certi temi non è mai troppo tardi.

La società odierna purtroppo non lascia molto spazio ai più deboli, è logorata da questa lotta per il successo che non premia il percorso, la cultura o il rispetto delle virtù ma la malizia, il risultato e talvolta la tracotanza. La situazione di “paura” in cui vivono molti giovani gli impedisce infatti di sviluppare la loro personalità in maniera adeguata e pone in evidenza l’assenza di giustizia sociale nella nostra società e ciò porta il mio cuore e la mia mente ad esprimersi con questa poesia…

 

“Per un mondo migliore”

 

“Oh miei compagni, non temete.

 

Non temete di migliorare,

Non temete di aiutare,

Non temete di cantare,

Non temete di lottare,

 

Coloro che non hanno anima,

vorranno strapparla a voi.

 

Atleta

Non temere di migliorare,

 

Giovane

Non temere di aiutare il tuo prossimo,

 

Musicista

Non temere di cantare la musica della verità,

 

Uomini, donne, bambini

non temete di lottare per ciò che è bene,

non temete di lottare per un mondo migliore.”

 

E come avrebbe detto proprio anche José Antonio Abreu: “Se i ragazzi venissero educati, fin da piccoli al valore più importante che si possa trasmettere, cioè l’umanità in tutte le sue sfaccettature, non avremmo molti dei mali che affliggono il mondo.”

 

 

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