Le ragazze romane in apnea4 min read

 

Lo scandalo delle baby squillo del 2013

di Rebecca Giusti

Inizia tutto nella capitale italiana circa otto anni fa. Piano piano, la storia viene fuori e diviene un fatto chiacchierato, discusso, su cui tutti riflettono, ma temo anche, terribilmente imitato da moltissime altre ragazze.

Lo scandalo dei Parioli è ancora oggi attualissimo, simboleggia una generazione cresciuta male, la gioventù bruciata del ventunesimo secolo. Sulla scia di “Bling Ring” e “I ragazzi dello zoo di Berlino”, queste due ragazze cresciute in un quartiere della Roma bene, che studiano rispettivamente al classico e ad un’altra scuola privata rinomata nella città, si spengono e decidono che la luce dell’infanzia ormai è da archiviare, non fa più per loro.

Prima della maggiore età, prima di sapere che cosa ne sarà della loro vita e del futuro che si prospetta davanti a loro, o di essere semplicemente anche solo più consce di sè stesse, cominciano a prostituirsi. Da marzo del 2013 (la più piccola delle due comincerà a svolgere lo stesso lavoro solo da maggio) fino all’inverno dello stesso anno, le due tirano su un impero basato su nomi fittizi e montagne di banconote, uno stipendio per un lavoro a tempo pieno.

Tutto inizia nelle scuole superiori romane, dove le studentesse stavano il giorno, offrendo sigarette alle amiche e condividendo momenti cruciali per la crescita, che si sarebbero ricordati come “i migliori anni della vita” (“erano molto gentili, solo che tutti sapevamo che erano loro quando venne fuori ogni cosa. Gli piacevano i soldi, la bella vita, andavano nei locali e bevevano vino costoso. Lo facevano, temo, per la voglia di indipendenza, per l’adrenalina che ti brucia dentro quando diventi l’autrice della tua vita, nel bene e nel male” racconta una ragazza che frequentava il loro stesso istituto).  Il loro percorso di baby squillo passa per il ristorante “Assunta Madre” dove il pluri-indagato Johnny Micalusi gestisce traffici di ogni genere, da sostanze illegali a, come è stato scoperto, ragazzine non ancora diciottenni.

Azzurra e Aurora, questi erano i nomi di fantasia che usavano le giovani donne, sono rimaste chiuse in una scatola nera senza buchi per l’aria. Come se fossero in un tunnel chiuso ed insonorizzato, e tutti fossero fuori a infilare pezzi da cinquanta dentro l’unica apertura che è stata creata nel tubo di plastica, per farli arrivare direttamente nelle loro tremanti mani. La fama, il disagio, i soldi, le serate passate a tirare coca. Tutto ciò si è rivelato solo una brutta scatola nera sigillata, senza la possibilità di respirare aria fresca.

Nel giro della clientela sono individuabili moltissimi nomi di spicco a livello politico, e cognomi influenti nel mondo degli affari (per esempio Floriani, il marito della senatrice Mussolini in carica nel 2013). In totale, le indagini hanno fatto emergere un giro di clientela che ammontava a circa cinquecento persone che pagavano per le ragazze della Roma bene.

Mirko Ieni, colui che coordinava l’agenda e gli incontri delle ragazzine è stato condannato a nove anni e quattro mesi di carcere e una delle due madri a sei anni e quattro mesi di reclusione perché lei sapeva benissimo ciò che stava avvenendo nella vita di sua figlia, ma aveva deciso di tenere la bocca chiusa e sfruttare la bambina che aveva creato e tirato su per ottenere una percentuale sui guadagni di quest’ultima. Lei sapeva, ma non parlava.

Inizialmente, come racconta una compagna di Azzurra e Aurora, “gli incontri erano saltuari, poi si fecero sempre più frequenti e loro erano impegnatissime. Cominciarono a fare i soldi veri e calcola che per svolgere il loro lavoro utilizzavano la chiacchierata e celeberrima casa dei Parioli, dove erano libere di fare ciò che volevano ed erano fondamentalmente autonome. Ricevevano lì le persone, ma quella è comparsa più o meno alla fine della storia, si può dire.” Quindi, calcolate che Nunzio Pizzacalla (caporal maggiore dell’esercito di Roma) aveva messo a disposizione l’abitazione per le due bambine, per fare ciò che le faceva guadagnare così tanto.

“Tutti d’estate capimmo che qualcosa nella loro esistenza era cambiato. Entrai nella loro camera in vacanza a Ponza ed era tutto sommerso di cocaina. Mobili, il letto, le coperte, tutto era invaso da quella polvere bianca. Lì fu chiaro che qualcosa non era più come prima.”

Cresciute in bei quartieri, con pellicce di visone nell’armadio dei genitori, serviti di cristallo, vestiti di Prada da tenere pronti per il sabato sera. Ragazze. Ragazzine.

Lo scandalo delle Baby squillo dei Parioli divenne un caso nazionale, ma purtroppo questa realtà non rappresenta solo le due donne acerbe individuate e salvate dalla polizia in quell’anno, ma moltissime altre giovani anonime, prigioniere di questa tela oscura. La madre che decise di non parlare, le bambine che decidono di vendersi per soldi e tutto il business che gravitava dietro a questo, sono aspetti folli e malati del periodo pieno di ricordi ad avventure dell’adolescenza che loro hanno vissuto.

Come racconta la testimone intervistata sulla vicenda, che le conosceva: “Ci sono altre ragazze. Gente di buona famiglia, ragazze che non hanno bisogno di nulla. Magari un giorno si parlerà pure di loro”. Tantissime vivono nell’ombra e sono costrette a rimanere in quella scatola buia dove erano finite anche le due romane, in apnea.

 

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