di Rebecca Giusti
Questa foto è vecchissima, piena di polvere addosso se fosse cartacea e non dentro una cartella di file. Nessuno la considera mai, la nomina, la interpella o la cita in discorsi di alcun genere, come si fa con le foto d’élite. “Ti ricordi la faccia che avevi in quella? Assurdo, sembravi la Marta!”, “Quanto si stava bene eh, guarda ho ancora la foto di noi stese al sole come delle lucertole, strinate e con la pelle secca come l’aria che si respirava in quel momento!”. Nessuno che dica mai niente su di lei.
Eppure lei c’è. Tornavo da un compleanno, da sola, nella città spenta e triste come a gennaio è qualunque cosa lasciato esposto alle temperature esterne. Tutto si rattrappiva cercando di scaldarsi un po’ mentre camminavo, sembrava che le mattonelle fossero più vicine per infondersi un po’ di calore alle membra e cercare di farsi forza. La luce si dipanava come un filo che cerca di tenere tutto insieme, senza permettere a niente di fuggire al buio, nell’ombra invernale pronta a inghiottire parti di strada, uomini, coppie che si attardano dopo cene di lavoro e tornano all’auto, senza tregua, senza pietà per i malcapitati che spariscono come la condensa che mi usciva dalla bocca respirando. La strada stava a guardare. Guardava i miei piedi che tacchettavano sulle mattonelle impaurite, con voglia di stare vicine, ma irrimediabilmente congelate nella posizione in cui si trovavano. Guardava anche i lampioni, che dall’alto spiavano i movimenti furtivi degli ultimi, che si attardavano a tornare in casa, un po’ perché la spinta a stare fuori di sabato per scappatelle a comprare bevute ghiacciate e flirtare con qualcuno è forte nonostante il clima ostile, e un po’ forse perché anche loro erano un po’ stregati: dalla strada, dai lampioni, dalle cose inghiottite nell’ombra. Leggi tutto “Non provo niente”