Moby Dick, il mostro degli abissi della nostra coscienza

di Filippo Del Testa.

   Finalmente, dopo mesi di lettura, posso dirlo: è stato un viaggio sensazionale. Il romanzo, scritto da Herman Melville nel 1851, è tutt’oggi considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura americana; ma originariamente non fu identificato come tale: esso infatti non piacque molto ai contemporanei e fu considerato come un vero e proprio fallimento a livello commerciale, tanto che determinò la fine e la conseguente morte della carriera letteraria di Melville. Il romanzo fu riconsiderato soltanto circa 50 anni dopo la sua composizione e venne collocato, com’è giusto che sia, ai vertici della letteratura americana se non addirittura di quella mondiale.

   La balena bianca ha sempre avuto un ruolo determinante nell’ immaginario collettivo di tutti noi, c’è chi l’ha temuta, chi ha sempre desiderato di reincarnarsi nella sua possente natura, chi ha provato ribrezzo e sdegno soltanto ad immaginarsi un tale essere; eppure c’è anche chi ne è stato ossessionato a tal punto da spendere tutta la vita alla sua ricerca. Questa è la storia del Capitano Achab, descritto magistralmente da Melville, che seppur non identifichi in lui il narratore della sua opera, decide di far ruotare tutta la vicenda attorno all’ angusta e angosciosa personalità del capitano.

   Achab decide dunque di dedicare la sua intera vita, alla ricerca di ciò che per lui è definibile come l’incarnazione di tutti i mali, terrestri ed extraterrestri, colui che lo aveva privato di una parte di sé: Il Leviatano, Moby dick.

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Una donna scarlatta

di Nello Benassi

In questi giorni di reclusione forzata in cui cerco di farmi spazio tra la noia di giornate che scorrono lente e monotone ho fatto un incontro alquanto singolare con qualcuno che conosce bene la sensazione di straniamento dalla propria realtà quotidiana. Sto parlando di Hester Pryenne, la protagonista del romanzo più famoso di Nathaniel Hawthorne: La lettera scarlatta.

   È il 1642 e ci troviamo nella neonata colonia puritana di Boston, nel New England. Il romanzo si apre con la descrizione del portone della prigione, provato dalle intemperie. Il prato antistante è occupato da una folla in fermento, le porte si aprono e lo sguardo di tutti si rivolge a una giovane donna che tiene in braccio una bambina nata da poco. Ciò che però l’attenzione di tutti è un simbolo, cucito sul suo abito all’altezza del petto, una lettera A di colore scarlatto. Il significato è chiaro a tutti: è l’iniziale della parola adulterio adultery. Hester si rifiuta di rivelare il complice di quel peccato. La storia si complica quando la donna viene condotta sul palco della gogna, dove uno strano individuo ricambia lo sguardo di Hester. Veniamo poi a sapere che si tratta di suo marito, rimasto per un periodo in Europa e poi creduto morto. Roger Chillingworth vuole vendetta e anche se Hester non è disposta a rivelare l’identità del padre della piccola Perla, il vecchio medico non è disposto ad arrendersi e dopo aver fatto promettere alla moglie di non rivelare a nessuno la sua vera identità avvia le sue indagini. La comunità di Boston riconosce come guida spirituale un giovane pastore, Arthur Dimmesdale, in cui riconosciamo la figura dell’amante di Hester. Data la sua natura cagionevole, gli amici insistono perché si affidi alle cure di un medico. Ora a Chillingworth non resta che prendersi la sua vendetta, ma non prima di aver tormentato l’anima e la psiche del povero pastore. Passeranno sette anni prima che Hester, pentita, riveli la verità all’amante e le loro anime possano essere salvate dalla dannazione eterna.

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Per una libertà senza flagelli

La Peste di Albert Camus

di Elena Betti

   Ho appena finito di impegnare il mio tempo nella maniera che al momento mi sembra la più proficua, leggere. Ho finito il primo libro di questa quarantena ma stranamente, a differenza del solito, non sento il forte senso di vuoto che lascia la fine di un libro, e purtroppo so il perché.

    Il libro in questione è La Peste di Albert Camus. La domanda sorge spontanea: come mai mi voglio così male da leggere un libro che parla di un’epidemia in questo periodo? Ebbene, penso di averlo fatto per curiosità, la curiosità di capire quanto l’affermazione “la storia tende a ripetersi” sia vera.

   La Peste è un libro scritto nel 1947 e pubblicato poco dopo. La storia si svolge nella città algerina di Orano, 200.000 abitanti, in cui un giorno di primavera i cittadini cominciano a notare sempre più topi morti per le strade fino ad arrivare a picchi di 6000 topi in un solo giorno, e nonostante questo nessuno dà realmente peso alla cosa. La situazione infatti si placa senza che i cittadini si siano mai minimamente allarmati. Il problema è che, dopo i topi, cominciano a morire le persone con lo stesso ritmo.

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Ricordi di sogni con la banda Disney

di Irene Stefanini

   Con i blocchi dovuti al coronavirus che continuano a trattenere le famiglie nelle proprie case, chiuso ogni esercizio commerciale, solo una grande impresa cinematografica come la Disney poteva avere la geniale idea di fare una PayTv.  Disney+ è una piattaforma di film e serie in streaming a pagamento dove è possibile trovare tutte le produzioni delle case cinematografiche sotto la Disney; infatti su quest’ultima sono presenti, oltre che la Disney, la Pixar, la Marvel, la LucasFilms (più conosciuta come Star Wars production), la National Geographic ed altre serie o film liberi (come i Simpson). Come su altre PayTv, chi si collega ha la possibilità di fare più account a cui è possibile accedere contemporaneamente da dispositivi diversi. Per essere visto in televisione o questa è una smartTv (che hanno il collegamento alla rete internet) o c’è bisogno di un modem, quello suo proprio che si può acquistare sul sito o uno di un’altra piattaforma collegata.

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